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giovedì 31 ottobre 2013

Cambogia, non è un paese per falsi progressisti

di Antonio Scorsato su LaStampa 29/10/2013



<Cosa hai fatto quest'estate?>.
<Sono stato in Cambogia>. Questo è il commento che riceverete dal milanese falso progressista reazionario di sinistra quando lo informerai di aver visitato il più disgraziato Paese del Sud-Est asiatico.
<Beeeello!>, esclamerà con occhi sgranati per lo stupore e le labbra dischiuse dal desiderio quel tipico esponente della nuova classe, creativa, e cosmopolita di casa nostra.

E tu, allora, capirai, se per caso non lo avessi capito, che il turismo è soltanto un immenso equivoco. Anzi, è forse il principale sistema escogitato dalla tarda modernità per equivocare il mondo.

<BELLO UN CAZZO!>, ti verrebbe voglia di rispondergli mentre lui vagheggia risaie indimenticabili o disquisisce del pepe di Campot. Ti trattieni e mediti sui viaggi intercontinentali quali dispositivi evoluti di cecità organizzata che consentono di giungere in qualsiasi angolo del pianeta senza mai uscire davvero di casa, di giungervi come a un ennesimo parco giochi dello spirito e della vita ottusa.

La cambogia potrebbe, infatti, essere legittimamente definita:

  • affascinante
  • conturbante
  • seducente
  • ammaliante
  • arcana
  • e perfino sublime
ma <beeella> proprio no. E non è solo un deficit lessicale a farcela definire tale.
E' un crampo mentale. Il turista falso progressista, provenendo da Milano, Parigi o Colonia - cioè da un mondo agiato che si ritiene ormai del tutto "inautentico", motivo per cui tributa il proprio culto farisaico a ogni idolo di autenticità - giunto in luoghi come la Cambogia si illude di poter finalmente entrare in contatto con la realtà perché si immagina che la miseria sia l'unica cosa "reale" al mondo.
E dunque non la vede, ne ignora il fondo tragico, ne manca il risvolto violento. Insomma, il fatto che sia possibile per un numero crescente di turisti viaggiare in Cambogia percependola come un pittoresco paese esotico d'incantevoli paesaggi idillici primitivismi dimostra come l'incapacità di fare esperienza sia divenuto l'habitus dell'individuo occidentale di inizio millennio.
Quella che gli appare come incontaminata purezza è, invece, il risultato della radicale distruzione su vasta scala di un intero paese operata:
  • dai B-52 americani
  • dai khmer rossi
  • e da trent'anni di guerra civile.
La Cambogia, è, infatti, ancora oggi, ad avere occhi per vedere, un paese assiso sul cumulo delle proprie fumanti macerie.

Ad avere ancora occhi per vedere, se giungi a Phnom Pehn da Singapore, potrai fare esperienza del passaggio rapido e brutale dall'incubo realizzato del capitalismo avanzato ai sogni infranti del comunismo perduto. Decollerai dall'aeroporto più bello del mondo - moquette a terra, giardini botanici indoor, efficienza impareggiabile - e, dopo un'oretta di volo, atterrerai su una pista desolata, un prefabbricato senza aria condizionata e una schiera di stracchi funzionari vagamente sovietici a timbrarti il passaporto. Alle spalle ti sarai lasciata la metropoli in cui si concentra buona parte della ricchezza finanziaria orientale, un posto dove è reato gettare in terra una cicca, dove una birra costa 12 euro, dove i centri commerciali sono autentiche opere d'arte e lo shopping nei grattacieli ha soppiantato l'esperienza estetica, dove hanno estirpato la foresta pluviale e poi l'hanno riprodotta in vitro dentro immense serre ad aria condizionata, e davanti a te avrai la città terremotata da un'immane tragedia politica. Al decollo l'urbe ipermoderna come esperimento da laboratorio perfettamente riuscito, all'atterraggio la palestra arcaica dell'esperienza totalitaria sul vivente perfettamente fallita. Un'ora prima un corpo di lusso levigato dalla dittatura di Stato, un'ora dopo il corpo martoriato dalla totale assenza di Stato. In mezzo, a dividerle, il maestoso spettacolo del Mekong che srotola il suo placido, solenne corso fino a perdita d'occhio.

Phnom Pehn è una città esplosa e mai più ricomposta. Considerata un tempo la più bella delle tra capitali francesi d'Indocina, crebbe progressivamente fino a 500 mila abitanti durante il pacifico regno di Shianouk, poi, nella prima metà degli Anni '70, quando i bombardamenti a tappeto degli americani sui contadini inermi delle regioni orientali non lasciò loro altra scelta che non fosse quella di arruolarsi con i khmer rossi o esodare verso la capitale - e, in entrambi i casi, rischiare di morire -, esplose fino a quasi tre milioni di persone, quasi tutti i profughi senza assistenza, né dimora, né fonti di sostentamento.
Una volta preso il potere, però, Pol Pot la svuotò di nuovo. Attuando il suo programma rivoluzionario di trasformare l'intera Cambogia in una coperativa agricola, dopo aver abolito il corso della moneta, il sistema postale e chiusi gli ospedali (anch'essi, simbolo della modernità corrotta), forzò l'intera popolazione della capitale a trasferirsi nelle campagne, dove buona parte di essi sarebbe morta di stenti e di malaria. In quei giorni, decine di migliaia di esponenti della classe colta furono semplicemente sterminati (si dice che chiunque portasse gli occhiali fosse immediatamente assassinato). Il ripopolamento cominciò soltanto negli Anni '90, sulla stessa base di violenze caotiche migrazioni di massa. Oggi siamo di nuovo a 2 milioni e mezzo di persone.

Una storia terribile che si prolunga fino al presente. Se ti fosse capitato di sbarcarvi il 20 Luglio 2013, come è capitato a chi scrive, acciuffato uno dei pochissimi taxi in circolazione - a Phnom Pehn non esiste trasporto pubblico - ti saresti ritrovato in un colossale ingorgo causato dai rally dei militanti politici mobilitati per le imminenti elezioni. migliaia di ragazzi inneggianti alle onnipresenti effigi di Hun Sen, l'uomo forte che governa Phnom Pehn dal 1985. lo stesso uomo che la distrusse assieme ai khmer rossi di cui faceva parte quando, dopo aver person un occhio nella battaglia per la capitale, vi entrò trionfante al seguito di Pol Pot nel 1975 (salvo poi disertare per rifugiarsi in Vietnam  due anni dopo). E', infatti, ancora il suo volto sinistro  che molti ventenni cambogiani sbandierano oggi in sella ai loro scooter di fabbricazione vietnamita mentre impazzano per giorni sgasando tra strade dissestate attorno al Russian Boulevard in frastornanti caroselli elettorali.

Quella storia terribile, d'altronde, la ritrovi un po' ovunque. La ritrovi nel Museo Tuol Sleng, l'ex liceo trasformato dal Pol Pot nel principale centro di detenzione e tortura del Paese (vi furono seviziate a morte 17 mila persone). La ritrovi nelle minuscole aule completamente spoglie, dominate soltanto da brande metalliche cui ammanettavano i torturati, piccoli antri di una ferocia rudimentale, cavità di una storia in cui l'umanità si è ridotta alla compenetrazione tra un addome, una clavicola o a una nuca e una ferraglia spuntata, la ritrovi soprattutto nel perdurante assuefazione alla crudeltà da parte dei cambogiani che consente ai turisti di scattare foto ricordo di se stessi in un tale sacrario del dolore estremo (lo ha fatto, vergognandosene ora e allora, anche chi scrive e mai si sarebbe sognato, per dire, di lasciarsi fotografare davanti alle matasse di capelli o di occhiali di Auschwitz).
La ritrovi, però, anche nella sera in discoteca. Nella ragazza che ti digita sul suo cellulare il suo nome khmer perché tu lo possa imparare ma si schermisce quando tu le digiti il tuo. Capirai che non sa ne leggere ne scrivere, come la stragrande maggioranza delle sue coetanee perché, cresciuta nel Paese in cui Pol Pot aveva sterminato chiunque avesse un istruzione, non ha avuto nessuno che glielo potesse insegnare.

Il catalogo potrebbe continuare. Così come potrebbero iniziare il racconto delle tante meraviglie - a cominciare dai tempi di Angkor - che fanno della Cambogia una paese letteralmente meraviglioso. Anche io, lungi dal voler dissuadere, ne consiglio la scoperta. A patto di non definirlo <BEEEELLO!> dopo aver gettato uno sguardo distratto sul suo abisso.


Commento

Cari amici. Per quanti altri paesi si potrebbero fare gli stessi ragionamenti? In quanti altri paesi molti di noi turisti non capiamo la miseria? Cosa pensiamo quando per turismo ci rechiamo in posti lontani lontani dal primo mondo e vediamo la disperazione? Credo nulla quasi fosse una cosa di cui non vale la pena accorgersi o al massimo, colti da pietismo progressista, a tratti pseudocristiano se non totalmente ipocrita, diciamo "poverini". E non pensiamo, cari amici, che tale miseria riguardi soltanto il Sud del mondo. No signori, ormai è qui nel primo mondo USA, Inghilterra, Francia, .... Sì signori miei, avete capito bene: proprio quei paesi come Massimo Fini (nell'articolo da me riportato sul blog) ha fatto notare, in cui «...c'è del marcio, Ma noi, ostinatamente, cocciutamente, cretinamente, vogliamo continuare a credere che sia «il migliore dei mondi possibili».
In cosa consiste la bellezza di un paese e con quali parametri noi la definiamo?
Parlerò solo di ciò che penso.
Per quanto siano magnifici i paesaggi, la natura, gli edifici antichi o altre "meraviglie" di un qualsisia paese non li reputo condizione sufficiente per farmi dire che un paese sia <BEEEELLO!>.
Da come stanno gli "ultimi", ecco ciò che mi fa dire oppure no se un paese è bello, e non parlo solo della condizione materiale comunque necessaria ("Primum vivere deinde philosophari" dicevano i Romani) ma anche da quella spirituale. E' certamente palese la gravità di entrambi gli aspetti in Cambogia e nei paesi limitrofi.
Per una medesima ragione anche il primo mondo si sta terzomondizzando spiritualmente e materialmente. Tale ragione è la tolleranza tipica del, come lo ha definito Antonio Scorsato, falso progressista reazionario di sinistra oppure tipico esponente della nuova classe, creativa, e cosmopolita di casa nostra, quella tolleranza che non mi stancherò mai di ripetere, è tipica di quello stesso mondo ritenuto da noi coglionamente «il migliore dei mondi possibili». Questa tolleranza è soltanto egoismo o menefreghismo della condizione altrui. Se noi continueremo a tollerare ogni cosa in nome di una libertà assoluto arriveremo al punto che ci faranno tollerare persino la schiavitù, come se la cosa non stesse già accadendo in altre parti del mondo, risultato più o meno previsto della globalizzazione.



Aristotele diceva: "l'indolenza e la tolleranza sono le ultime virtù di una società decadente". Cari amici, i risultati di queste virtù li stiamo già vedendo da parecchio tempo, sarebbe abbastanza stupido continuare di proposito a non vedere ciò che succede nel nome di questa Dea Tolleranza, nuova divinità venerata dall'uomo illuminista.

Riccardo Ing.







lunedì 28 ottobre 2013

IL TOTALITARISMO PALMARE. O DELL'ILLUSIONE DEL PROGRESSO TECNOLOGICO

DI EDUARDO ZARELLI
ilribelle.com



Consapevoli o meno, persuasi o critici, siamo tutti coinvolti nel passaggio onnipervasivo della rivoluzione digitale tecnologica. Basta soffermarsi un attimo a considerare le implicazioni del telefono cellulare palmare in mano ai più, a partire dagli adolescenti, per rendersi conto del mutamento antropologico indotto dalla tecnica e delle sue ricadute totalizzanti.
I cantori del progresso si sono spinti a evocare la valenza determinante di questi strumenti di comunicazione per l’emancipazione delle masse mondiali sul modello occidentale liberal-democratico.

Tutti ricorderanno – ad esempio – i commenti entusiasti degli opinionisti sulla cosiddetta “primavera araba” levitata dai “social network”. In realtà, le cose sono andate ben diversamente dalle previsioni interessate dei redentori del progresso altrui, ma anche per questo è interessante provare a descrivere le dinamiche totalitarie della modernità per mezzo del determinismo tecnologico.

Oggetto delle più riuscite narrazioni distopiche contemporanee – si pensi al manifesto dell'iperdemocrazia di Gianroberto Casaleggio – quello che caratterizza nella realtà la presente rivoluzione digitale è il fatto che i consumatori non si ritengono semplici fruitori, semplici beneficiari, ma attori in prima persona, protagonisti del progresso, cioè dello “spirito del tempo”; la sentono e la vivono come cosa propria, creata, esercitata e voluta da loro.

Evidentemente, le cose non stanno così; tutte le proprietà che vengono assegnate a Internet sono a loro volta discutibili e di segno opposto. Su tutte, la trasparenza; solo per fare un esempio tratto dalla cronaca, nell'era dello scandalo NSA la trasparenza è quella dei governati nei confronti dei governanti, o viceversa? Eppure, ai “consumatori”, la trasformazione della personalità in alienazione fa apparire il fenomeno come aderente a un’individuale libertà di scelta nel mercato che, siccome appartiene a loro, è per definizione buona.

Anche l’evocata democrazia diretta esige un confronto diretto nello spazio pubblico. Gli internauti possono pure connettersi fra loro a milioni, ma restano nella sfera dell’atomismo minimalista del privato. Facebook dà l’illusione di avere degli “amici”, ma non è diventando dipendenti da una tastiera che si rimedia alla scomparsa del legame sociale; eppure chiunque manifesti perplessità o esprima critiche si oppone all’affermazione del bene, viene cioè emarginato come regressivo, reazionario, illiberale, antimoderno. Siccome è “buona”, prima arriva e prima trionfa in ogni dove, meglio è; siccome appartiene ai consumatori, cioè a tutti, ed è “buona”, è anche “democratica”; di più: è la Democrazia. Anzi la vera, l’unica democrazia “obbligatoria”.
Ma perché mai la rivoluzione digitale è così popolare, così affettuosamente partecipata e condivisa? Vi sono due risposte, una di superficie e una profonda. Quella di superficie è la gratificazione che essa regala, la più grande, il senso di onnipotenza: in un oggetto che sta in mano c’è tutto l'immaginabile, tutto lo scibile, in forma relazionale ludica aperta, senza sacrificio. La seconda risposta, la più profonda, è anche più sottile; ha a che vedere con il suo carattere libertario, il suo non essere impositiva, autoritaria, il suo mettersi al servizio di una visione generica, indifferenziata e massificata di “umanità”. La sua orizzontalità giovanilistica è contrapposta alla verticalità gerarchica e tradizionalista. La rivoluzione digitale non è una cosa specifica e non impone contenuti particolari; è informe, muliebre, ammiccante, per connettere tutti con tutti, in un mondo in cui non vi sono più emittenti e destinatari, ma pari che si informano e comunicano con altri pari, in una singolare e definitiva realizzazione utopica della libertà, dell’eguaglianza e della fraternità. Più di ogni altra rivoluzione tecnologica, quella digitale ha una portata ideologica immensa, nell'imporsi della modernità. Non a caso, è un passo determinante nell'incedere dell’affermazione della “forma-capitale”, tanto nella smaterializzazione dell’economia quanto nel dominio della finanziarizzazione. Nel giubilo liberistico imperante, si è realizzata negli ultimi anni la più rapida e massiccia concentrazione di capitale che la storia ricordi. Una corporation come Apple nel 2012 ha messo insieme circa 156 miliardi di dollari di ricavi e 46 di utili; Google, sempre nel 2012, ha avuto 50 miliardi di ricavi e 11 di utili.

Scriveva Herbert Marcuse (Scuola di Francoforte) che «La società industriale contemporanea tende a essere totalitaria. Il termine "totalitario", infatti, non si applica soltanto a un'organizzazione politico terroristica della società, ma anche a un'organizzazione economico-tecnica non terroristica che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti».
E come non riconoscere la metamorfosi totalitaria, nelle contraddizioni e nelle ingiustizie delle società liberali?
Come ogni totalitarismo, si impongono come il solo sistema universalmente possibile. L’uomo è ridotto alla condizione di oggetto, i cittadini vengono trasformati in consumatori, l’economia ha il sopravvento sulla politica, la pubblicità prende il posto della propaganda; il conformismo assume la forma del pensiero unico dell’ideologia dei “diritti umani”.

Le società liberali riducono insomma l’uomo in servitù, ma lo fanno in una forma nuova, attraverso la persuasione e il condizionamento invece che con la violenza brutale: l’uomo si trova privato dolcemente, e persino con il proprio assenso, della sua umanità.

Il problema è proprio questo: la comodità, il benessere e la sicurezza sono stati realmente accresciuti, ma, contemporaneamente, è cresciuta anche una serie di effetti negativi insiti, ineliminabili, che hanno reso la nostra vita più difficile, più angosciosa e priva di significato.

Tutto nasce dalla grande illusione e dal grande inganno dell’Illuminismo, cioè che il benessere edonistico sia sinonimo di felicità; che il progresso porterà a tutti benessere e felicità; che la ragione, la ragione strumentale, metterà in moto la ruota del progresso; eppure anche un adolescente alle prese con il suo smartphone avverte inconsciamente che la tecnica ha preso il sopravvento, e che non sono le macchine a essere al servizio dell’uomo, ma è l’uomo a essere sempre più funzione delle macchine.

Gli impianti industriali non si possono mai spegnere, devono restare attivi di giorno e di notte, ed ecco i tecnici e gli operai adeguarsi ai ritmi e ai tempi della macchina, sobbarcarsi turni di lavoro notturno e diurno, spezzando i propri ritmi naturali e sconvolgendo il proprio orologio biologico. È solo un esempio, e dei più semplici, ma sono tecnica anche la fecondazione artificiale, la manipolazione genetica, la clonazione di esseri viventi; tecnica è anche la creazione di elaboratori elettronici talmente raffinati da potersi agevolmente sostituire all'uomo in quasi tutte le sue funzioni operanti, per quanto inconsapevoli. La tecnica ormai può creare macchine perfettamente simili a un essere umano o programmare esseri umani (e animali) molto, ma molto simili a macchine: il confine tra la macchina e il vivente, tra la macchina e il pensante, diviene incerto, ambiguo, sfumato; si costruiscono macchine sempre più potenti, in tutti i campi, talvolta senza sapere esattamente a cosa serviranno, oppure perfino augurandosi di non dovervi mai fare ricorso. Tale è la condizione dell’uomo contemporaneo. In questa situazione, ha ancora senso parlare di umanesimo?

Eppure, bisogna mettere in chiaro una cosa: non è che un tempo c’era l’umanesimo e oggi c’è la tecno-scienza dilagante. La tecno-scienza non è la negazione dell’umanesimo, è la sua diretta prosecuzione; i suoi presupposti, intellettuali e spirituali, risiedono tutti in esso: niente vi è stato aggiunto, che non fosse già nelle premesse.

Se vi è stato un errore, non è stato commesso negli ultimi decenni o negli ultimi due o tre secoli, bensì molto prima: è stato commesso quando l’uomo – in tempi e luoghi diversi, e comunque, fino a due o tre generazioni fa, quasi nel solo Occidente – ha ritenuto di farsi misura di tutte le cose, di potere trovare in se stesso tutte le risposte, di essere il padrone e il signore onnipotente del mondo.

L’assiologia industriale si basa sulla convinzione che l’uomo possa dominare la natura grazie alle sue facoltà razionali, ma esiste una profonda differenza fra razionalità e ragione (logos), che concettualmente rimanda all'intelligenza noetica, intuitiva. La razionalità è solo una componente dell’intelligenza umana, riflesso, quest’ultima, di qualcosa di più vasto e più alto, che permea la vita in ogni sua manifestazione. È attraverso l’intelligenza che l’uomo comprende oggettivamente la dimensione del sacro, percepisce l’essere. Parte essenziale dell’intelligenza umana è la sensibilità (o empatia), facoltà che ci permette di ritrovarci consapevolmente in sintonia con i ritmi profondi della natura e di intuire ciò che non può essere razionalmente spiegato.

La dimensione olistica dell’aggregarsi, in cui ognuno si riconosce come parte di qualcosa di più vasto e partecipa alla trama della vita nella sua interezza: fatta di modelli, archetipi e simboli, da un lato; di cicli, suono e ritmi, dall’altro. La razionalità, invece, è la capacità di elaborazione logico-matematica e di previsione a partire dai dati acquisiti con l’esperienza; è espressione parziale dell’individuo ed è determinata da una serie di condizionamenti, fra cui spicca quello sociale in una prospettiva unilaterale antropocentrica. L’averla elevata al rango di unica guida dell’attività umana comporta uno squilibrio, dovuto alla razionalizzazione che si cristallizza nel potere della sopraffazione: l’artificiale sul naturale, il materiale sullo spirituale, i “progrediti” sugli “arretrati”. Essenza operativa della razionalizzazione è l’esito strumentale della tecnologia.

Il movimento meccanico è privo di vita, rigido; affermandosi, annulla il ritmo metrico e si fa meccanica, regolata dal tempo diacronico, lineare, morto. Ogni pausa della meccanica risveglia nell’uomo, organizzato tecnicamente, il sentimento del vuoto, insopportabile disagio cui egli cerca di sfuggire tramite l’esasperazione del movimento, della velocità, dell’oltrepassare il limite.

Lo strumentalismo tecnologico, inoltre, è un funzionalismo. Pensare funzionalmente significa assoggettare l’uomo a un sistema di funzioni, e di conseguenza trasformarlo in un sistema di funzioni. Tale paradigma scientifico-culturale coincide con il progresso tecnologico, che ha bisogno di un’organizzazione di massa e di una meccanizzazione del lavoro che perseguano un automatismo perfetto. Tanto più completa è l’organizzazione tecnica in cui l’uomo è inserito, tanto più essa si risolve in un semplice svolgimento di funzioni. Più la meccanizzazione del lavoro tende all’automatismo, più è sicuro il ruolo che la funzione svolge. Cosa distingue, infatti, l’automa da una macchina che funziona autonomamente?

Nel bisogno di sicurezza, che non indietreggia davanti ad alcun atto di sottomissione, l’uomo che vive nell’organizzazione tecnica manifesta tutta la sua debolezza, il suo stato di necessità, la sua instabilità, il suo isolamento. Con il perfezionarsi della tecnica, aumenta il bisogno di sicurezza in modo direttamente proporzionale alle minacce, sempre più avvertibili e ingovernabili, perché l’uomo alla ricerca delle certezze confortevoli del benessere materiale sempre più assapora i veleni del regresso, evocato dai suoi stessi sforzi di soggiogare le forze elementari.

L’illusione ultima del progresso tecnologico è dunque il raggiungimento di uno stato di perfezione, perché il movimento infinito, che esso presuppone linearmente, all'infinito si annulla. Quel nulla è la realizzazione planetaria di un meccanismo autoreferenziale, inanimato, raggiungibile praticamente, ma non sostenibile antropologicamente e spiritualmente.

La forza di Prometeo è nella rivalsa, egli vuole scalzare Zeus e farsi signore di un esistente a sua immagine e potenza. La razionalizzazione tecnologica è spiritualmente cieca, socialmente uniforme, culturalmente conformista. La sua concretezza non le consente di riflettere su se stessa e avanzare la creatività di un sapere, che non si assoggetti all'automatismo.

Un destino nichilistico, a cui contrapporre un gioco a somma zero, un’inversione di paradigma: reincantare il mondo.

Eduardo Zarelli
www.ilribelle.com
22.10.2013

Per gentile concessione de “La Voce del Ribelle”

Fonte:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12513

Commento

Cari amici. Anche senza parlare delle implicazioni sociali e psicologiche dei dispositivi di telecomunicazioni mass-consumers, posso affermare senza alcuna ombra di dubbio che dal punto di vista tecnico uno smartphone non è un innovazione. No signori, non lo è! Non lo è nella misura in cui quella tecnologia esiste ormai da più 30, quello che di nuovo c'è è al massimo una riduzioni delle dimensioni,  l'aggiunta di accessori e il design.
Telefonini, auto-sportive, prodotti finanziari, e ci aggiungo i presunti "diritti civili" che tanto vengono sbandierati come progresso,..... tutte queste cose non sono progresso, sono solo altre cose da CONSUMARE per farci consumare:

  • Più lavoro per dover comprare
  • Nessun beneficio reale
  • Più energia da consumare   
Nel caso dei falsi diritti civili essi sono soltanto: 
  • nel "migliore dei casi" elemento di distrazione per mascherare le mani legate della politica (nel mondo occidentale globalizzato) nel potere prendere decisioni importanti.
  • Indirizzare la società ancor più verso il materialismo pratico:
    • Consumismo
    • Edonismo
    • Un asservimento totale e la vita impronta orientata soltanto al lavoro, in particolare se parliamo di multinazionali
In poche parole schiavi non solo dei nostri bisogni ma anche dei nostri istinti

A differenza però di quanto in malafede Herbert Marcuse (della Scuola di Francoforte) la società industriale è necessaria se ben regolata. A prova di ciò, nulla sta più funzionando e progredendo dal punto di vista tecno-scientifico proprio perché non viviamo in una società post-industriale che non produce più nulla di concreto ma per volere ed egoismo di pochi avviata sulla finanza speculativa.

Scriveva bene Daniel Estulin nella sua celeberrima opera "Bilderberg", che i potenti apolidi banchieri della terra non vogliono il vero progresso, poiché esso è una minaccia per il loro ambito totalitarismo globale (di cui noi stiamo osservando l'ascesa): tramite il progresso il loro modo di concepire l'economia diventa obsoleto e non più necessario e nella storia dell'umanità è sempre stato così.

Se cresce l'influenza il sapere tecno-scientifico in toto l'influenza dell'economia finanziaria decresce e viceversa:
  • La finanza VIVE sulla scarsità e la poca disponibilità di risorse
  • La tecnologia rende PIU' disponibili le risorse


A questo punto cari amici: Cos'è l'innovazione per voi?
Non potendo rispondere per voi dirò ciò che è innovazione per me.

Innovazione è avere una casa che non consuma energia
Innovazione è poter comunicare senza doversi appoggiare ad un operatore di telecomunicazioni
Innovazione è avere un auto che non consuma niente
Innovazione è avere poter produrre cibo sano senza
innovazione è poter produrre materie prime da quello che si
Innovazione è poter viaggiare nel cosmo e poter conoscere
...............


Innovazione significa essere indipendenti nei bisogni materiali
Innovazione significa avere la libertà e il tempo di vivere la nostra vita e crescere i nostri figli
Innovazione significa tempo, tempo per contemplare la bellezza dell'universo, tempo per pregare e ringraziare Dio di ciò che ha donato a noi uomini

Riccardo Ing




giovedì 24 ottobre 2013

Vangelo Mt 13,44-52



In quel tempo. Il Signore Gesù disse: <Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile ad una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?>. Gli risposero: <Sì>. Ed egli disse loro: <Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche>.

Commento da laico

Cari amici. Cos'è la misericordia di Dio? Nel corso dei secoli grande dibattito c'è stato in tutto mondo cristiano sulla misericordia e il perdono di Dio Padre, dibattito che ahimè fu usato come uno dei pretesti per arrivare a slegarsi dalla Chiesa Sposa di Cristo, è successo con Enrico VIII, è successo con Lutero e noi tutti sappiamo come è andata a finire.
Come ha recentemente scritto sull'Osservatore Romano l'arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della dottrina della fede: "La misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della Chiesa". Non vale quindi la regola: "Fai quello che vuoi, tanto va sempre bene!".
"Gesù ha incontrato la donna adultera con grande compassione, ma le ha anche detto: 'Va’, e non peccare più' (Giovanni 8, 11)" Non disse vai pure e continua a fare quello che facevi prima!

La grazia e il regno di Dio come ci dice nostro Signori sono tesori da conquistare e conservare.
Lo sforzo e l'impegno sono necessari, colui che non tenterà nemmeno di cercali o peggio ancora si rifiuterà di cercarli, non potrà nemmeno chiedere la misericordia di Dio poiché l'ha palesemente rifiutata nel suo modo di vivere.
La rete gettata è il richiamo di Dio per tutti anche attraverso la nostra coscienza: 

  • Per tutti è il messaggio 
  • Molti sono coloro che ascoltano 
  • Pochi quelli che si rifiutano di ascoltare
Un caro saluto a tutti voi

Riccardo Ing

giovedì 17 ottobre 2013

In questa società il vecchio è già morto prima del suicidio

I suicidi di Monicelli prima e di Lizzani poi hanno riportato all'attenzione la questione della condizione dei vecchi nella società contemporanea, anche se, per la verità, i due, 95 anni il primo, 92 il secondo, più che dei vecchi erano dei vegliardi 'hors catégorie' inoltre erano degli uomini famosi probabilmente tentati, come spiega il sociologo Domenico De Masi, dall'ambizione inconscia di entrare nel mito, di sopravvivere a se stessi, sottraendosi, in qualche modo, alla morte nel momento in cui volontariamente se la davano. Che è ciò che pensavano i Romani che ritenevano che una morte degna (che, oltre a quella in battaglia, era il suicidio) non solo dava un'identità definitiva all'individuo ma gli permetteva di aspirare alla gloria che, a differenza del successo in vita, era un modo per tramandarsi ai posteri, insomma, molto MATERIALISTICAMENTE, la loro trascendenza.
Io intendo pero' qui parlare della vecchiaia delle persone normali. Il fenomeno del suicidio dei vecchi, che va comunque legato alla crescita esponenziale dei suicidi nel mondo occidentale (in Europa a metà del Seicento, un secolo prima del take off industriale, erano 2,5 per 100 mila abitanti, nel 1850 6,8, triplicati, oggi superano il 20, decuplicati) è relativamente recente. In Italia un terzo dei suicidi riguarda gli over 65, che sono il 20% della popolazione, e la metà soffre di depressione come denuncia il geriatra Carlo Vergani. Il che fa piazza pulita su tutte le fole che ci raccontano su «vecchio è bello». Scrive lo storico Carlo Maria Cipolla: «Una società industriale è caratterizzata dal continuo e rapido progresso tecnologico. In tale società gli impianti divengono rapidamente obsoleti e gli uomini non sfuggono alla regola. L'uomo industriale è sottoposto a un continuo sforzo di aggiornamento e tuttavia viene inesorabilmente superato. Il vecchio nella società agricola è il saggio, nella società industriale è un relitto. Nel mondo agricolo d'antan, prevalentemente a tradizione orale, il vecchio è il detentore del sapere, resta sino alla fine il capo della famiglia, conserva un ruolo e la sua vita un senso. Oggi questo ruolo di 'faro' di punto di riferimento lo ha perduto.
C'è poi la tremenda solitudine del vecchio nella società contemporanea. Un vecchio oggi, se è benestante, ha la tv, il cellulare, l'I-pad, l'auto, se è ancora in grado di guidare, e numerosissimi altri gadgets. Ma è solo. Vive da solo. In Germania, in Francia, in Belgio, in Danimarca, in Norvegia, negli Stati Uniti solo il 2% dei vecchi vive con i propri figli e nipoti. Nelle società tradizionali (quelle poche che abbiamo lasciato in vita) il vecchio non possiede nessuna delle bellurie della Modernità, ma, rivestito d'autorità sacrale, vive circondato dai figli, dai nipoti, dalle donne di casa e da esse accudito nel periodo, fortunatamente breve, in cui non è più in grado di badare a se stesso, e da numerosissimi bambini.
A proposito di questi ultimi si assiste da qualche tempo a un fenomeno completamente nuovo: il suicidio dei bimbi. Una cosa che non si era vista mai, da che mondo è mondo.
«C'è del marcio nel Regno di Danimarca». Ma noi, ostinatamente, cocciutamente, cretinamente, vogliamo continuare a credere che sia «il migliore dei mondi possibili».

Massimo Fini
Il Gazzettino, 11 ottobre 2013

martedì 15 ottobre 2013

Roma 15 - Ottobre - A.D. 2011.
Ancora una volta poche persone hanno rovinato tutto! Ancora una volta il lavoro e l'impegno di molte persone di buon cuore è stato rovinato! Ma a prescindere da chi sia stato e dal motivo..... Noi non dimenticheremo la nostra missione! Andremo avanti per noi, per i nostri figli, per vivere in mondo migliore di questo. NON DIMENTICHEREMO.

http://www.youtube.com/watch?v=otZ9nfgs3Qk&feature=related

Riccardo Ing

DA DOVE VIENE IL PENSIERO UNICO?


Cari amici. Secondo voi come ci seduce il maligno?
Con la violenza, con i soprusi, con le imposizioni? No! O meglio, queste cose le usa contro chi non è corruttibile, contro non solo chi discerne il bene dal male, ma anche rifiuta il male!
Il maligno e i suoi immondi spiriti servitori sono come piante carnivore e noi siamo gli insetti: veniamo attirati con sostanze dolci e piacevoli non con cose a spiacevoli altrimenti fuggiremmo. Successivamente, una volta incollati ad essi, lentamente e senza accorgercene veniamo lentamente digeriti.

Nel nostra società questo male che si presenta come bene è il pensiero unico della globalizzazione, pensiero che non riguarda soltanto l'economia ma ogni aspetto della nostra vita dal modo di pensare alla sessualità e perfino alla religione. Un modello che non nasce ieri o l'altro ieri ma che ha radici profonde e antiche nel pensiero liberale anglosassone fondato da John Locke e che fu motore delle grandi rivoluzioni dell'età moderna dalla rivoluzione francese sia indirettamente alla rivoluzione d'Ottobre in Russia.

Dietro ad una certa tolleranza, caposaldo di tale pensiero, si cela una grande intolleranza verso chi sceglie di aderire alla verità. Per quanto fosse un credente convinto Locke anticattolico era come la gran parte dell'elìte inglese:
In virtù di questa ideologia di tolleranza religiosa Locke esclude la Chiesa cattolica, la quale è accusata di negare l'ideale di tolleranza volendo imporre la propria religione anche attraverso la natura confessionale dello stato. Però noi cattolici non possiamo accettare ogni cosa come verità, per noi l'unica verità è Dio unico nella natura e trino nelle persone. Lo stesso Gesù ce lo ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." (Giovanni 14,6).
Gesù ha anche posto le basi su quello che è l'assoluto e l'immutabile Chiesa che è via e maestra.
L'Inghilterra a causa dei suoi regnanti e politici egoisti ha abbandonato la via di Cristo e dal protestantesimo anglicano (mai pienamente accettato dal popolo) che ha dissolto i valori e i principi si è giunta all'agnosticismo e all'ateismo.

Disse bene il Beato papa Pio IV a proposito di quei cattolici tanto affascinati dal liberalismo: "sono peggio della Comune di Parigi perché amano Dio ma rispettano il diavolo!"

Restiamo vigili e rifuggiamo seduttori e falsi profeti!

Buona giornata a tutti voi!

Riccardo Ing

domenica 13 ottobre 2013

ISRAELE E L'ATOMICA "DEMOCRATICA"

DI MASSIMO FINI
ilfattoquotidiano.it

Intervistato dal Corriere, Yuli-Yoel Edelstein, portavoce del Parlamento israeliano, ha affermato: “Quando si parla dei diritti dell’Iran ad avere un’industria nucleare, sento dire da ogni parte: ma voi israeliani non avete firmato questa convenzione (Il Trattato di non proliferazione nucleare, ndr). Francamente un paragone che non regge. Vista la storia del regime iraniano è come se un serial killer dicesse: ‘Che c’è di strano se porto una pistola?’. Ci sono Paesi democratici e affidabili e Paesi che non lo sono”.

L'Iran degli ayatollah non ha mai aggredito nessuno, caso mai è stato ag- gredito, dall'Iraq del dittatore Saddam Hussein e in quell'oc- casione “i Paesi democratici e affidabili”, Stati Uniti in testa, appoggiarono non l’aggredito ma l’aggressore fornendogli anche le armi chimiche che Saddam usò a man bassa (100 mila morti) sui soldati iraniani (mentre Khomeini proibì l'utilizzo di queste armi perché contrarie alla morale del Cora- no) e in seguito sui curdi (Ha- labya, 1989, tutti i 5000 abitanti di quel villaggio ‘gasati’ con la complicità occidentale). Non è neanche vero che “i Paesi democratici e affidabili” siano sempre pacifisti e quelli dittato- riali sempre guerrafondai. Per esempio tutte le dittature sudamericane sono state tendenzialmente pacifiste. Ma per restare alla storia più recente sono “i Paesi democratici e affidabili”, sempre con gli Stati Uniti in testa, a essere costantemente al- l'attacco. Hanno aggredito nel 1999 la Serbia per una questio- ne che non li riguardava affatto. Nel 2001 hanno invaso e occupato l'Afghanistan e ancora si ostinano a occuparlo anche se se ne stanno per uscire sconfitti nonostante la loro schiacciante superiorità tecnologica.


NEL 2003 hanno invaso e occupato l'Iraq, con una motivazione inesistente, provocando dai 650 ai 750 mila morti e, ora che se ne sono andati, una feroce guerra civile fra sunniti e sciiti che causa decine e a volte centinaia di vittime al giorno. Nel 2006/2007 hanno aggredito, per interposta Etiopia, la So- malia che con le Corti islamiche, che avevano sconfitto ‘i signori della guerra’ locali, aveva trovato almeno un po’ d'ordine, hanno imposto un governo fantoccio a Mogadi- scio, provocando così un'inevitabile guerra civile le cui con- seguenze si rovesciano anche sulle nostre coste (e per le quali si grida ‘orrore’ e ‘vergogna’ senza però analizzarne mai le vere cause). Nel 2011 hanno aggredito la Libia provocando altri sconquassi. Adesso che gli iraniani si mostrano molto disponibili sul nucleare civile, che è un loro sacrosanto diritto, gli israeliani, che hanno l'Atomica e che non avendo sottoscritto il Trattato non hanno l'obbligo di sottoporsi a nessuna verifica (del resto loro sono “democratici e affidabili”) fanno il muso duro. Ciò che vorrebbero è puramente e semplicemente che l'Iran non arricchisse l'uranio, nemmeno al 20% che è la soglia minima e massima per ottenere il nucleare civile, insomma che rinuncino in toto al loro programma. Motivazione: che bisogno hanno gli ira- niani del nucleare quando hanno già il petrolio?

La BP ha calcolato che entro il 2050 il sottosuolo petrolifero sarà esaurito. Ma a parte questo avrà o no un Paese il diritto di diversificare le proprie fonti di energia o deve chiedere il permesso a Tel Aviv?
In realtà uno dei principali pericoli alla pace del mondo viene proprio dal “democratico e affidabile” Israele con i suoi missili (atomici) pronti a partire dal deserto del Negev e con i suoi piani, mai negati, anzi esibiti come minaccia, di colpire i siti nucleari iraniani con ‘atomiche tattiche’ (come un'Atomica, cioè una reazione nucleare a catena, possa essere ‘tattica’ qualcuno me lo dovrebbe spiegare).

Massimo Fini
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
12.10.2013

Commento:

"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? IPOCRITA, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello." Luca 6,41-42

venerdì 4 ottobre 2013

A tutti i militanti di "Tramonto cupo"

di Marcello Veneziani per il Giornale

In Grecia mettono fuori legge Alba Dorata, in Italia impongono per legge Tramonto Cupo

Ogni volta che sento ripetere da chiunque abbia effettive responsabilità di potere che lui, loro antepongono il bene dell'Italia e degli italiani al loro interesse di parte, mi sale il sangue alla testa e ho conati di vomito. Non è possibile che continuate a ripetere questa odiosa bugia quando stiamo andando allo sfascio perché nessuno ha anteposto l'interesse nazionale e popolare all'interesse personale e partitico. Se ci tenevate così tanto agli italiani perché non siete riusciti a evitare l'aumento dell'Iva che tutti dicevate di voler scongiurare, perché non siete riusciti a fare mezza legge elettorale che tutti dicevate di voler cambiare per dare governi stabili al Paese e parlamenti di eletti, perché non siete riusciti a votare sul finanziamento pubblico dei partiti, perché non siete riusciti a trovare una soluzione politica per evitare il collasso annunciato sul caso B.? E ora, davanti alle urne, perché non trovate almeno l'estrema concordia di tamponare quelle falle e poi andare al voto? No, dell'Italia non ve ne fotte niente o ritenete impossibile salvarla; e la stessa cosa vale per Grillo che non compie azioni clamorose per rappresentare le emergenze del Paese ma va in Rai a protestare perché vengano rappresentate le ragioni dei 5stelle in vista del voto... In Grecia mettono fuori legge Alba Dorata, in Italia impongono per legge Tramonto Cupo. Questo è un Paese che ha come prospettiva «Morire per Maastricht» (titolo profetico del libro di Enrico Letta) dopo che si è speso a «Vivere per Kazzimiei».

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/955014.html

Commento

Cari amici questo è quello che scriveva Veneziani 2 giorni fa, sincero e implacabile come pochi sanno esserlo, proprio oggi leggevo su Libero un articolo di Mario Giordano: "Moriremo democristiani (e ci sta bene così)". Ma io chiedo a tutti voi cari amici: è questo ciò che vogliamo? L'omologazione liberale totale in salsa anglosassone?
Ognuno risponda per se stesso ma io dico no di certo e auspico che non essere solo.
Il pensiero unico mondialista che ha come referente principale in Italia il Partito Democratico crede che spazzando via ogni opposizione si possa avere spazio di manovra per fare ciò che pare e piace a gente eletta da nessuno e che a nessuno deve rispondere; i referenti di questo pensiero ritengo in sostanza di fare di noi un "paese normale",..... normale secondo i loro criteri:
  • Due grossi partiti politici all'americana che sono uguali in tutto e per tutto: 
    • Un partito di centrodestra mentalmente castrato
    • Un partito di sinistra terzomondista succube dei signori mercati
  • Un paese multiculturale, multietnico, pansessualista, agnostico, senza identità, senza capo ne coda, non fatto da cittadini ma fatto di consumatori schiavi, con sempre meno diritti, senza alcuna proprietà e che vivono a debito

A prescindere della risposta che darete voglio ribadire un concetto fondamentale di questi anni di fine seconda repubblica:

Il signor Beppe Grillo sostiene che il movimento 5 stelle da lui fondato è l'assicurazione che l'Italia di calmierare la rabbia popolare con matrice di estrema destra. Io sostengo che non è ne lui ne il movimento da lui fondato ad aver ad essere l'argine di movimenti come Alba Dorata o altri movimenti di destra che stanno nascendo in molti paesi dell'EU in virtù di un NATURALE E SACROSANTO DIRITTO DI DIFESA contro questa struttura tecnomaterialista, laicista e anticristiana che nessun popolo voleva, che nessun popolo vuole e che nessun popolo vorrà mai e che fa di nome UNIONE EUROPEA. L'unica persona che nel bene o nel male ha saputo tener freno (a torto o a ragione non importa) questa rabbia crescente è stata il Cavalier Silvio Berlusconi e questo è un dato che nessuno può negare e lo dico come persona che non ha mai avuto ne voluto aver a che fare con il modello di partito da lui proposto.
Ora, fatto fuori l'unico pseudoavversario che avevano cosa sperano questi signori? Che gli Italiani che votavano PDL si mettano a votare PD o questa Neopantomima della vecchia DC? Oppure pensano che evaporino tutt'a un tratto?
No, cum grano salis, e allora vedremo per logico effetto nascere anche qui Alba Dorata.
Non si lamentino lor signori degli effetti del loro scellerato e stupido servilismo verso l'ideologia globalista.

Riccardo Ing. quando e perché ritornano i fascisti