Parla l'intellettuale 'neocon' in vetta alla classifica in Francia accusato di essere 'la bella copia' del Front National
di ANAIS GINORI
20 dicembre 2013
PARIGI - Defilato per qualche anno dall'agone intellettuale parigino, il ritorno editoriale di Alain Finkielkraut è stato fragoroso. L'identité malheureuse, cupa riflessione sull'identità francese minacciata, e dunque infelice, è in testa alle classiche da settimane. Il filosofo prosegue la sua critica antimoderna, contro il relativismo culturale, denunciando i continui attacchi alla laicità, la crisi dell'integrazione degli stranieri, proprio lui che è figlio di ebrei polacchi naturalizzati dopo la guerra. Un pamphlet che intercetta l'air du temps e che, secondo alcuni commentatori, mette in bella copia le pericolose idee del Front National. "Èinvece la sinistra che, vigliaccamente, ha abbandonato la difesa di alcuni suoi principi repubblicani" risponde Finkielkraut, circondato da pile di libri nella casa di rue Vavin.
Definito da Le Point come uno degli ideologi del nuovo movimento "neocon" francese, galassia di intellettuali reazionari sempre più agguerriti da quando la sinistra è al governo, il filosofo firma uno dei suoi libri più personali, nel quale racconta anche la gioventù da gauchiste del Sessantotto, oggi amaramente pentito.
Si riconosce nella definizione di nuovo intellettuale reazionario?
"Il cosidetto progressismo, inteso come supremazia del politico sulla realtà, ha fallito. Avrebbe dovuto essere sepolto tra le rovine del Muro di Berlino. Oggi, in verità, lagauche non crede al progresso ma all'eterno ritorno, paventando un balzo all'indietro fino agli anni Trenta, preludio di un altro fascismo. Come se il presente non potesse essere nuovo, solo una copia del passato. Rifiuto queste analogie storiche. Penso, invece, che attraversiamo un'epoca inedita che getta nel panico alcuni intellettuali, incapaci di riflettere sull'ignoto".
Lei sembra un inguaribile nostalgico. Già nel 1987, in La sconfitta del pensiero, criticava la "barbarie del mondo moderno". L'Identité malheureuse è il seguito ideale?
"Nel suo rapporto alla Storia, l'uomo oggi si sente depotenziato. Il cambiamento non è più quel che facciamo, ma quel che ci succede. Come scrisse François Furet nelPassato di un'illusione, "l'idea di un'altra società è diventata quasi impossibile da pensare". I governi, la politica, non determinano più un progetto, lo accompagnano semplicemente. Ci ritroviamo a dibattere su alcuni argomenti, come l'immigrazione, a cose ormai fatte. E così ci sentiamo "condannati a vivere nel mondo nel quale viviamo" per riprendere ancora una citazione di Furet".
Cosa rende, secondo lei, così infelice la Francia?
"Il nostro modello di integrazione non funziona più. In alcuni quartieri o città, le leggi francesi non vengono rispettate. C'è un disagio sempre più profondo rispetto a rivendicazioni religiose e culturali che vogliono scardinare le fondamenta della nostra République. I professori che lavorano in alcuni licei di banlieue denunciano l'aumento dell'antisemitismo, del sessismo, della francofobia. Ormai l'insulto "sporco francese" è sempre più diffuso. La Francia si è costruita sul modello dell'assimilazione, un sistema di accoglienza alla pari: l'immigrato rinunciava a qualcosa ma in cambio aveva moltissimo".
Teme che avanzi il modello multiculturale?
"Da figlio di immigrati, mi sento in debito verso la Francia. A scuola nessuno mi chiedeva da dove venivo, in quale religione credevo. Oggi invece ogni immigrato è catalogato per paese, cultura, religione. Bisogna rispettare ogni differenza.
Viene proposta una società inclusiva, in cui ognuno arriva con il suo bagaglio e rimane così com'è. Dietro a questa apparente generosità, c'è in un impoverimento dell'ospitalità francese e un abbaglio: la società inclusiva non risolverà la crisi della convivenza.
Le culture non si mettono accanto come negli scaffali del supermercato, dove il sushi sta bene vicino alla paella. Gli stili di vita possono confliggere".
Lei però attacca una cultura e religione in particolare?
"Non sto facendo alcuna discriminazione, fotografo solo la realtà. Il rischio oggi è minimizzare, chiudere gli occhi. È vero che durante le altre ondate di immigrazione in Francia abbiamo conosciuto tensioni, anche gravi, ma la République non era mai stata contestata nei suoi principi fondamentali.
Nessuno sta insultando l'Islam. Dobbiamo dire che esistono regole di convivenza che non possono essere messe in discussione. Quando si fa una legge per vietare il velo nelle scuole, non si escludono le ragazze: si esclude semplicemente il velo".
In L'Ebreo Immaginario aveva già fatto una riflessione sull'identità della diaspora. C'è un legame?
"In quanto ebreo, sono consapevole che, in passato, il concetto di identità è servito per discriminazioni e massacri. Ho criticato Nicolas Sarkozy quando ha lanciato il suo controverso dibattito sull'identità nazionale. Poi però ho trovato incomprensibile l'indignazione di alcuni intellettuali che esageravano nell'altro senso. Non è perché comunichiamo con tutti, nel cosiddetto villaggio globale, che sono scomparse le frontiere. Siamo esseri incarnati, viviamo in un luogo fisico, che determina le nostre emozioni, Se l'Italia dichiara il lutto nazionale per le vittime dell'alluvione in Sardegna significa che c'è un sentire comune, che in questo caso non coinvolge i francesi. La nazione è lo spazio in cui ciò che arriva all'altro succede anche a me. Il relativismo culturale è la base del nichilismo: perdiamo il senso del tragico".
Quando si è sentito per la prima volta francese?
"A poco a poco, per shock successivi. Da giovane il mio impegno politico era apolide. Sono stato gauchiste, come tutti quelli della mia generazione, contro il "Sistema", la "Dominazione", come scriveva Pierre Bourdieu. Poi ho incominciato a leggere le testimonianze dei dissidenti comunisti e mi sono resoconto dell'importanza della democrazia. Sono diventato un antitotalitarista.
Solo alla fine degli anni Ottanta, quando sono incominciate le prime querelle sul velo islamico nelle scuole, mi sono sentito difensore della République.
Fino ad allora non mi ero mai interrogato sull'interpretazione francese della democrazia, molto diversa da quella di americani, britannici e forse anche dagli italiani. Sulla laicità, ad esempio, siamo un esempio quasi unico al mondo: le leggi che abbiamo fatto qui in Francia sono considerate liberticide in altre democrazie. Insomma, sono diventato francese invecchiando, sentendo in pericolo tutto ciò che questo paese ha dato a me e alla mia famiglia".
Fonte http://www.repubblica.it/cultura/
Commento: Chi può fare qualcosa se non Finkielkraut?
Non idea di come voi possiate considerare in poche parole il ragionamento molto schietto e realista di Finkielkraut, ma nel mio caso io lo considero un vero e proprio "mea culpa".
Alain Finkielkraut, non è nuovo a questo genere di accuse verso molti intellettuali progressisti che hanno la sua stessa estrazione sociale/culturale.
Filosofo, giornalista e opinionista francese di origine ebraiche, figlio di un superstite di Auschwitz, ex socialista gauchista dopo che ha abbandonato il precedente credo politico avvicinandosi al pensiero conservatore e alla destra intellettuale ha come responsabili del totale disastro contemporaneo dell'occidente quelli che erano i suoi "compagni" di pensiero ossia ebrei progressisti marxisti francofortisti, gente come lui insomma, e chi meglio di uno che ha fatto parte di quella elìte culturale può meglio conoscere quel mondo e le relative motivazioni/obbiettivi? Risposta: nessuno!
Sì, cari amici, perché ritengo che molti di noi e specialmente chi ha idee diametralmente opposte alle mie non abbia ancora capito "cosa è questa società progressista multiculturale" e guardi ad essa come ad un regno delle fiabe in cui tutti si tengono per mano in "un girotondo in prati fioriti", non vedendo, non capendo o, peggio ancora, non volendo ne capire ne vedere le aberrazioni e i razzismi scientifici che essa contiene.
Fa notizia in questi giorni il caso di censura in francia (nonostante l'iniziale situazione di imbarazzo e di indecisione dei radical-progressisti a causa delle etnia e idee politiche di sinistra) del comico da poco entrato in politica Dieudonné M'bala M'bala (con il suo partito antisionista NON schierato a fianco del Front National di Marine Le Pen) e dei suoi spettacoli di satira nei confronti anche ebrei usando stereotipi a tratti grotteschi e grossolani. Ebbene, nonostante la costituzione francese garantisca a tutti il diritto di satira anche pesante contro tutti, il presidente Francois Hollande e i suoi collaboratori hanno dato dimostrazione di servilismo verso il pensiero sionista...... non c'era da stupirsi considerate le affiliazioni alla massoneria del Grande Oriente di Francia.
Contro tutti tranne contro di loro, come a dire: "tutti sono uguali ma ci sono alcuni PIU' uguali di altri" tanto per citare non a caso G. Orwell.
Se neanche a un francese di sinistra figlio di immigrati africani viene garantito il diritto di denuncia verso le distorsioni di questo pensiero egemone, chi altri può? Forse solo persone come Finkielkraut?
Se queste sono le condizioni non c'è che da sperare e pregare per gente come lui. Lo dico a garanzia, non solo nostra ma anche di tutti quegli ebrei che vorrebbero vivere normalmente le proprie vite, che non tramano o complottano alle spalle della società, che non inventano filosofie, costruzioni politiche-sociali-economiche per dominare.
Lo dico soprattutto per loro, perché è in questi anni che molte persone stanno lentamente aprendo gli occhi di fronte a questa crisi mondiale e su chi ha causato tutto questo, non da pochi anni, ma da decenni e quando queste persone si infurieranno per tutte le menzogne che hanno ricevuto, la loro rabbia diverrà inarrestabile e il rischio peggiore è che diventi rabbia cieca che investa anche gli innocenti.
Riccardo Ing.
Non idea di come voi possiate considerare in poche parole il ragionamento molto schietto e realista di Finkielkraut, ma nel mio caso io lo considero un vero e proprio "mea culpa".
Alain Finkielkraut, non è nuovo a questo genere di accuse verso molti intellettuali progressisti che hanno la sua stessa estrazione sociale/culturale.
Filosofo, giornalista e opinionista francese di origine ebraiche, figlio di un superstite di Auschwitz, ex socialista gauchista dopo che ha abbandonato il precedente credo politico avvicinandosi al pensiero conservatore e alla destra intellettuale ha come responsabili del totale disastro contemporaneo dell'occidente quelli che erano i suoi "compagni" di pensiero ossia ebrei progressisti marxisti francofortisti, gente come lui insomma, e chi meglio di uno che ha fatto parte di quella elìte culturale può meglio conoscere quel mondo e le relative motivazioni/obbiettivi? Risposta: nessuno!
Sì, cari amici, perché ritengo che molti di noi e specialmente chi ha idee diametralmente opposte alle mie non abbia ancora capito "cosa è questa società progressista multiculturale" e guardi ad essa come ad un regno delle fiabe in cui tutti si tengono per mano in "un girotondo in prati fioriti", non vedendo, non capendo o, peggio ancora, non volendo ne capire ne vedere le aberrazioni e i razzismi scientifici che essa contiene.
Fa notizia in questi giorni il caso di censura in francia (nonostante l'iniziale situazione di imbarazzo e di indecisione dei radical-progressisti a causa delle etnia e idee politiche di sinistra) del comico da poco entrato in politica Dieudonné M'bala M'bala (con il suo partito antisionista NON schierato a fianco del Front National di Marine Le Pen) e dei suoi spettacoli di satira nei confronti anche ebrei usando stereotipi a tratti grotteschi e grossolani. Ebbene, nonostante la costituzione francese garantisca a tutti il diritto di satira anche pesante contro tutti, il presidente Francois Hollande e i suoi collaboratori hanno dato dimostrazione di servilismo verso il pensiero sionista...... non c'era da stupirsi considerate le affiliazioni alla massoneria del Grande Oriente di Francia.
Contro tutti tranne contro di loro, come a dire: "tutti sono uguali ma ci sono alcuni PIU' uguali di altri" tanto per citare non a caso G. Orwell.
Se neanche a un francese di sinistra figlio di immigrati africani viene garantito il diritto di denuncia verso le distorsioni di questo pensiero egemone, chi altri può? Forse solo persone come Finkielkraut?
Se queste sono le condizioni non c'è che da sperare e pregare per gente come lui. Lo dico a garanzia, non solo nostra ma anche di tutti quegli ebrei che vorrebbero vivere normalmente le proprie vite, che non tramano o complottano alle spalle della società, che non inventano filosofie, costruzioni politiche-sociali-economiche per dominare.
Lo dico soprattutto per loro, perché è in questi anni che molte persone stanno lentamente aprendo gli occhi di fronte a questa crisi mondiale e su chi ha causato tutto questo, non da pochi anni, ma da decenni e quando queste persone si infurieranno per tutte le menzogne che hanno ricevuto, la loro rabbia diverrà inarrestabile e il rischio peggiore è che diventi rabbia cieca che investa anche gli innocenti.
Riccardo Ing.
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