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venerdì 31 gennaio 2014

Se il capitalismo diventa di "SINISTRA"

di Diego Fusaro
Dal Sessantotto, la sinistra promuove la stessa logica culturale antiborghese del capitalismo, tramite sempre nuove crociate contro la famiglia, lo Stato, la religione e l’eticità borghese.

Sul fatto che alle elezioni la sinistra, a ogni latitudine e a ogni gradazione, sia andata incontro all’ennesima sonante sconfitta, non v’è dubbio e, di più, sarebbe una perdita di tempo ricordarlo, magari con documentatissimi grafici di riferimento. Più interessante, per uno sguardo filosoficamente educato, è invece ragionare sui motivi di questa catastrofe annunciata. E i motivi non sono congiunturali né occasionali, ma rispondono a una precisa e profonda logica di sviluppo del capitalismo quale si è venuto strutturalmente ridefinendo negli ultimi quarant’anni. Ne individuerei la scena originaria nel Sessantotto e nell’arcipelago di eventi ad esso legati. In sintesi, il Sessantotto è stato un grandioso evento di contestazione rivolto contro la borghesia e non contro il capitalismo e, per ciò stesso, ha spianato la strada all’odierno capitalismo, che di borghese non ha più nulla: non ha più la grande cultura borghese, né quella sfera valoriale che in forza di tale cultura non era completamente mercificabile.

Non vi è qui lo spazio per approfondire, come sarebbe necessario, questo tema, per il quale mi permetto, tuttavia, di rimandare al mio Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo (Bompiani, 2012). Comunque, per capire a fondo questa dinamica di imposizione antiborghese del capitalismo, e dunque per risolvere l’enigma dell’odierna sinistra, basta prestare attenzione alla sostituzione, avviatasi con il Sessantotto, del rivoluzionario con il dissidente: il primo lotta per superare il capitalismo, il secondo per essere più libero individualmente all’interno del capitalismo. Tale sostituzione dà luogo al piano inclinato che porta all’odierna condizione paradossale in cui il diritto allo spinello, al sesso libero e al matrimonio omosessuale viene concepito come maggiormente emancipativo rispetto a ogni presa di posizione contro i crimini che il mercato non smette di perpetrare impunemente, contro gli stermini coloniali e contro le guerre che continuano a essere presentate ipocritamente come missioni di pace (Kosovo 1999, Iraq 2003 e Libia 2011, giusto per ricordare quelle più vicine a noi, avvenute sempre con il pieno sostegno della sinistra).

Dal Sessantotto, la sinistra promuove la stessa logica culturale antiborghese del capitalismo, tramite sempre nuove crociate contro la famiglia, lo Stato, la religione e l’eticità borghese. Ad esempio, la difesa delle coppie omosessuali da parte della sinistra non ha il proprio baricentro nel giusto e legittimo riconoscimento dei diritti civili degli individui, bensì nella palese avversione nei confronti della famiglia tradizionale e, più in generale, della normalità borghese. Si pensi, ancora, alla distruzione pianificata del liceo e dell’università, tramite quelle riforme interscambiabili di governi di destra e di sinistra che, distruggendo le acquisizioni della benemerita riforma della scuola di Giovanni Gentile del 1923, hanno conformato – sempre in nome del progresso e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, ecc.).

Il principio dell’odierno capitalismo postborghese è pienamente sessantottesco e, dunque, di sinistra: vietato vietare, godimento illimitato, non esiste l’autorità, ecc. Il capitalismo, infatti, si regge oggi sulla nuda estensione illimitata della merce a ogni sfera simbolica e reale (è questo ciò che pudicamente chiamiamo “globalizzazione”!). “Capitale umano”, debiti e crediti nelle scuole, “azienda Italia”, “investimenti affettivi”, e mille altre espressioni simili rivelano la colonizzazione totale dell’immaginario da parte delle logiche del capitalismo odierno. Lo definirei capitalismo edipico: ucciso nel Sessantotto il padre (l’autorità, la legge, la misura, ossia la cultura borghese), domina su tutto il giro d’orizzonte il godimento illimitato. Se Mozart e Goethe erano soggetti borghesi, e Fichte, Hegel e Marx erano addirittura borghesi anticapitalisti, oggi abbiamo personaggi capitalisti e non borghesi (Berlusconi) o antiborghesi ultracapitalisti (Vendola, Luxuria, Bersani, ecc.): questi ultimi sono i vettori principali della dinamica di espansione capitalistica. La loro lotta contro la cultura borghese è la lotta stessa del capitalismo che deve liberarsi dagli ultimi retaggi etici, religiosi e culturali in grado di frenarlo.

Dalla sinistra che lotta contro il capitalismo per l’emancipazione di tutti si passa così, fin troppo disinvoltamente, alla sinistra che lotta per la legalità, per la questione morale, per il rispetto delle regole (capitalistiche!), per il diritto di ciascuno di scolpire un sé unico e inimitabile: da Carlo Marx a Roberto Saviano. È certo vero che Berlusconi è il Sessantotto realizzato, come ha ben mostrato Mario Perniola in un suo aureo libretto: la legge non esiste, vi è solo il godimento illimitato che si erge a unica legge possibile. Ma sarebbe un errore imperdonabile credere che il capitalismo sia di destra. Lo era al tempo dell’imperialismo e del colonialismo. Oggi il capitalismo è il totalitarismo realizzato (a tal punto che quasi non ci accorgiamo nemmeno più della sua esistenza) e, in quanto fenomeno “totalizzante”, occupa l’intero scacchiere politico. Più precisamente, si riproduce a destra in economia (liberalizzazione selvaggia, privatizzazione oscena, sempre in nome del teologumeno “ce lo chiede l’Europa”), al centro in politica (sparendo le ali estreme, restano solo interscambiabili partiti di centro-destra e di centro-sinistra), a sinistra nella cultura. Sì, avete capito bene: a sinistra nella cultura. Dal Sessantotto in poi, la cultura antiborghese in cui la sinistra si identifica è la sovrastruttura stessa del capitalismo postborghese: il quale deve rimuovere la borghesia e lasciare che a sopravvivere sia solo la già ricordata dinamica di estensione illimitata della forma merce (essa stessa incompatibile con la grande cultura borghese). Di qui le forme culturali più tipiche della sinistra: relativismo, nichilismo, scetticismo, proceduralismo, pensiero debole, odio conclamato per Marx e Hegel, elogio incondizionato del pensiero della differenza di Deleuze, ecc.

In questo timbro “totalizzante” risiede il tratto principale dell’ormai avvenuta estinzione dell’antitesi tra destra e sinistra, due opposti che oggi esprimono in forme diverse la stessa visione del mondo, duplicando tautologicamente l’esistente. Negli ultimi “trent’anni ingloriosi”, il capitale e le sue selvagge politiche neoliberali, all’insegna della perdita dei diritti del lavoro e della privatizzazione sfrenata, si sono imposti con uguale forza in presenza di governi ora di centro-destra, ora di centro-sinistra (Mitterand in Francia, Blair in Inghilterra, D’Alema in Italia, ecc.). Di conseguenza, l’antitesi tra destra e sinistra esiste oggi solo virtualmente come protesi ideologica per manipolare il consenso e addomesticarlo in senso capitalistico.

Destra e sinistra esprimono in forme diverse lo stesso contenuto e, in questo modo, rendono possibile l’esercizio di una scelta manipolata, in cui le due parti in causa, perfettamente interscambiabili, alimentano l’idea della possibile alternativa, di fatto inesistente. Vi è, a questo proposito, un inquietante intreccio tra i due apoftegmi attualmente più in voga presso i politici – “non esistono alternative” e “lo chiede il mercato” –, intreccio che rivela, una volta di più, l’integrale rinuncia, da parte della politica, a operare concretamente in vista della trasformazione di un mondo aprioristicamente sancito immodificabile.

Il paradosso sta nel fatto che la sinistra oggi, per un verso, ha ereditato il giacimento di consensi inerziali di legittimazione proprio della valenza oppositiva dell’ormai defunto partito comunista e, per un altro verso, li impiega puntualmente in vista del traghettamento della generazione comunista degli anni Sessanta e Settanta verso una graduale “acculturazione” (laicista, relativista, individualista e sempre pronta a difendere la teologia interventistica dei diritti umani) funzionale al capitalismo globalizzato. Il quotidiano “La Repubblica” è la sede privilegiata di questo processo in cui si consuma questa oscena complicità di sinistra e capitalismo. I molteplici rinnegati, pentiti e ultimi uomini che popolano le fila della sinistra si trovano improvvisamente privi di ogni sorta di legittimazione storica e politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa di mobilitazione. Per questo, la sinistra continua inflessibilmente a coltivare forme liturgiche ereditate dalla fede ideologica precedente nell’atto stesso con cui abdica completamente rispetto al proprio originario “spirito di scissione” (la formula è del grande Antonio Gramsci), aderendo alle logiche del capitale in forme sempre più grossolane. È di Bersani la frase, pronunciata in campagna elettorale, “i mercati non hanno nulla da temere dal PD”: frase pleonastica, perché esprime ciò che già tutti sapevamo, ma che è rilevante, perché ben adombra come la sinistra continui indefessamente a lavorare per il re di Prussia, il capitalismo gauchiste.

Lungo il piano inclinato che porta dalla nobile figura di Antonio Gramsci a personaggi come Massimo D’Alema o Vladimir Luxuria si è venuto consumando il tragicomico transito dalla passione trasformatrice al disincanto cinico – tipico della generazione dei pentiti del Sessantotto, la più sciagurata dal tempo dei Sumeri ad oggi – fondato sulla consapevolezza della morte di Dio, con annessa riconciliazione con l’ordo capitalistico. Con i versi di Shakespeare: “orribile più di quello delle erbacce è l’odore dei gigli sfioriti” (lilies that fester smell far worse than weeds). E questi gigli sono effettivamente sfioriti: sono l’incarnazione di quello che Nietzsche chiamava l’“ultimo uomo”. L’ultimo uomo sa che Dio è morto e che per ciò stesso tutto è possibile: perfino aderire al capitalismo e bombardare il Kosovo o la Libia.

È, del resto, solo in questo scenario che si comprende il senso profondo della dinamica, oggi trionfante, della personalizzazione esasperata della polemica con l’avversario. L’antiberlusconismo, con cui la sinistra ha identificato il proprio pensiero e la propria azione negli ultimi vent’anni, ne rappresenta l’esempio insuperato. La personalizzazione dei problemi, infatti, si rivela sempre funzionale all’abbandono dell’analisi strutturale delle contraddizioni, ed è solo in questa prospettiva che si spiega in che senso l’antiberlusconismo sia stato, per sua essenza, un fenomeno di oscuramento integrale della comprensione dei rapporti sociali. L’antiberlusconismo ha permesso alla sinistra di riciclarsi, ossia di passare dall’opposizione operativa al capitalismo all’adesione alle logiche neoliberali, difendendo l’ordine, la legalità (capitalistica) e le regole (anch’essere capitalistiche). L’antiberlusconismo ha indotto l’opinione pubblica a pensare che il vero problema fossero sempre e solo il “conflitto di interessi” e le volgarità esistenziali di un singolo individuo e non l’inflessibile erosione dei diritti sociali (tramite anche le forme contrattuali più spregevoli, che rendono a tempo determinato la vita stessa) e la subordinazione geopolitica, militare e culturale dell’Italia agli Stati Uniti.

Ingiustizia, miseria e storture d’ogni sorta hanno così cessato di essere intese per quello che effettivamente sono, ossia per fisiologici prodotti del cosmo a morfologia capitalistica, e hanno preso a essere concepite come conseguenze dell’agire irresponsabile di un singolo individuo. Per questa via, la politica della sinistra – con Voltaire, “mi ripeterò finché non sarò capito” – non ha più avuto quale referente polemico il sistema della produzione e dello scambio – ritenuto anzi incondizionatamente buono o, comunque, intrascendibile –, bensì l’irresponsabilità di una persona che, senza morale e senza onestà, ha inficiato il funzionamento di una realtà sociale e politica di per sé non contraddittoria.


La politica ridotta al tragicomico teatro identitario dell’opposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani ha permesso di far passare inosservato lo scolpirsi del nuovo profilo di una sinistra che – nel nome della questione morale e nell’oblio di quella sociale – ha abdicato rispetto alla propria opposizione agli orrori che il capitalismo non ha cessato di generare. È in questo senso che l’antiberlusconismo rivela la sua natura anche più indecente, se mai è possibile, dello stesso berlusconismo.  In questo risiede la natura tragica, ma non seria dell’odierna sinistra, fronte avanzato della modernizzazione capitalistica che sta distruggendo la vita umana e il pianeta. La sinistra è il problema e, insieme, si pensa come la soluzione. Il primo passo da compiere per riprendere il perseguimento del programma marxiano dell’emancipazione di tutti dal capitalistico regno animale dello spirito consiste, pertanto, nell’abbandono incondizionato della sinistra e, anzi, della stessa dicotomia destra-sinistra. Tutto il resto è chiacchiera d’intrattenimento o, avrebbe detto Marx, “ideologia”.

Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/se-il-capitalismo-diventa-sinistra-diego-fusaro/

Commento


Cari amici. Qualcuno, evidentemente ha iniziato a comprendere la vera natura del meccanismo globale del mondo occidentale che è sostanzialmente il modello neoclassico economico e sociale di matrice anglosassone. Se non teniamo presente quelle che sono le sue origini storiche e le sue evoluzioni, specialmente durante gli anni '30 del secolo scorso, non potremo capire che cos'è. 

Bisogna puntualizzare che il capitalismo, inteso come libera impresa e diritto dell'essere umano a possedere una proprietà privata, nella storia dell'uomo è esistito sin dall'alba dei tempi seppur con diverse sfumature a seconda delle epoche. Inoltre la stessa legge di Dio è data all'uomo per regolare e ordinare i beni della terra e dell'universo:

7° comandamento: non rubare le cose altrui.
Ossia:
  • ciò che è mio è mio, 
  • ciò che è tuo è tuo, 
  • ciò che è mio non è tuo,
  • ciò che è tuo non è mio.
10° comandamenti: Non desiderare la casa del tuo prossimo... né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo

Ossia: se vuoi possederle devi dare un corrispettivo di pari valore.

Storicamente il capitalismo dell'età moderna nasce nell'ambiente culturale formatosi con la riforma protestante luterana e calvinista nel nord europa e poi esportato con le colonie in Nord America. Lo stesso ambiente che parallelamente ha dato origine al pensiero liberale di John Locke (tollerante con tutte le forme di pensiero TRANNE che con il cattolicesimo) e in seguito al pensiero Materialista con Marx. Due pensieri e metodi contrapposti nella forma ma con la medesima radice e obbiettivo
Obbiettivo, che con l'ingresso dei francofortisti fuggiti dalle persecuzioni raziali durante il Nazismo, cambia divenendo qualcosa di ancor più indefinito, soprattutto perché essi erano marxisti classi, dei progressisti: si sono riciclati nelle università americane come "Conservatori" ma nella realtà non lo erano e non lo sono. Hanno introdotto concetti ancor più rivoluzionari nel pensiero liberale e agli occhi di tutto il mondo hanno fatto passare per Capitalismo un qualcosa che è Comunismo nella sostanza e negli obbiettivi:

Qualche economista indipendente lo ha definito come "la via capitalista verso il comunismo"
 
Questo forma di pensiero è diventata totalitaria e non riguarda più soltanto l'economia ma tutti i settori del sapere umano soprattutto la psicologia e la sociologia:
Tutto: vita delle persone, modello di famiglia, modelli comportamentali, sessuali e perfino la religione devono essere impostati secondo l'esigente dell'elìte dominante e ciò che si oppone deve essere cambiato altrimenti lo si spazza via........ Dio compreso.

Questo è il grande inganno, l'equivoco creato artificialmente:

L'attuale pensiero liberale (per noi un oggetto alquanto misterioso) è stato sempre considerato come  ma sempre come "un qualche cosa di Destra". Però non è così e l'errore è duplice:


  • Il pensiero liberale non è né di Destra né di Sinistra.
  • Il pensiero liberale non è conservatore ma è progressista e rivoluzionario 
Vedete cari amici, dobbiamo respingere tutto con i mezzi e le capacità che abbiamo altrimenti, per parafrasare le parole del presidente Thomas Jefferson:
"Se lasceremo che ogni aspetto della nostra vita venga gestito da un ristrettissimo gruppo di persone un giorno ci sveglieremo senza possedere nulla, inclusa la nostra anima!" *

*(Citazione originale: "Se gli Americani consentiranno mai a banche private di emettere il proprio denaro, prima con l'inflazione e poi con la deflazione le banche, e le grandi imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri.") 


Riccardo Ing




giovedì 30 gennaio 2014

La Shoah ha sfrattato il crocefisso

Auschwitz prende il posto del Golgota e il 27 gennaio sostituisce il Venerdì Santo

di Marcello Veneziani - Mer, 29/01/2014

Perché un evento tragico di settant'anni fa, unico tra gli orrori, tiene banco in maniera così prolungata, unanime e pervasiva nei media e nelle rievocazioni? Perché col passare degli anni anziché sopirsi, si acuisce la memoria della Shoah, oggi più di trent'anni fa? Non intendo aprire polemiche, si tratta di domande vere.


Provo a rispondere senza fare alcuna valutazione. La Shoah sta prendendo il posto della crocifissione di Gesù Cristo. Ovvero è l'Evento Cruciale che segna il Lutto Incancellabile per l'Umanità, lo Spartiacque Unico dei tempi e l'avvento del Male Assoluto, con la Redenzione seguente.

Stavolta non è il Figlio di Dio a finire in Croce e sacrificarsi per noi, ma è un popolo a essere immolato, eletto o maledetto secondo le due versioni classiche, e a redimere l'uomo dal Male. Benché Assoluto, il Male stavolta è storico e non satanico. E prelude non alla Resurrezione ma alla Liberazione. Non l'ascesa dei risorti in cielo ma la liberazione degli insorti in terra. Non riesco a trovare altra spiegazione all'Enfasi Assoluta, Indiscutibile, Indelebile sulla Shoah.

Questo forse spiega il tacito, inesprimibile fastidio che sfiora quanti pure non c'entrano nulla coi negazionisti e coi razzisti né denunciano campagne di speculazione sull'olocausto: Cristo ieri messo in croce oggi messo tra parentesi. Con Lui si relativizza la fede, la civiltà cristiana. Al Suo posto c'è la Shoah, religione dell'umanità, Auschwitz prende il posto del Golgota e il 27 gennaio sostituisce il Venerdì Santo.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/986890.html

Commento

Cari amici, come ci dice la legge donata da Dio a Mosè sul monte Sinai:

1° comandamento:
Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile.
Non avere altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. [Deuteronomio 5,6-8]

E in seguito nostro Signore Gesù disse in risposta ai farisei che non lo riconoscevano come il Cristo, come Dio disse:
"Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.  Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. 32 A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.
33 Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere! Come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. " [Matteo 12,30-33]

E quindi quale uomo ha il diritto, non solo di sostituire Dio con qualcos'altro, ma di obbligare tutti gli uomini all'idolatria specialmente per i propri fini?
Eppure è ciò che accade oggi nel mondo occidentale anche se molti di noi continuano a negarlo o a far finta di niente, troppo timorosi di questo grande fratello imposto dall'alto.

La morte e lo sterminio di ebrei e non solo durante la II° guerra mondiale è stata sicuramente una pagina buia come ce ne sono state altre nella storia. Eppure come accade, specialmente in questi giorni, in questa Francia
quasi totalmente scristianizzata e atea, i cittadini più o meno inconsapevolmente sono stati allontanati dalla propria fede per abbracciarne un'altra e nessuno di loro può sottrarsi a ciò, pena l'ostracismo se non l'arresto come per il comico Dieudonné M'bala M'bala. Ciò viene descritto da questo articolo dal titolo provocatorio ma tristemente realista:

LO SHOAH COME RELIGIONE DI STATO ?La blasfemia nella Francia secolare ?
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=47192

Che sia davvero tutto finito? Che pochi uomini siano riusciti ad allontanare Dio dal cuore degli uomini agendo mediante subdoli mezzi socio-psicologici e sfruttando la tragedia di 6 milioni di innocenti?
Che ormai al mondo, a detta di Dagoberto Bellucci sia rimasto solo questo?
"OLOCAUSTO: l’unico, l’ultimo, dogma rimasto a questa società senza Dio e senza ideali che è l’Occidente giudaico-mondialista. Un dogma al quale sembra essersi inchinata definitivamente anche la Chiesa cattolica e che rappresenta manifestamente il potere ricattatorio dell’Internazionale Ebraica nei confronti delle società europee, dei loro governi di marionette al servizio degli interessi sionisti e, più in generale, dell’opinione pubblica creata ad arte dai centri di diffusione di menzogne che sono le grandi agenzie di stampa internazionali, i grandi quotidiani, i mezzi radiotelevisivi delle grandi catene d’informazione."
[Cit. Dagoberto Bellucci]

Forse molti di noi hanno abbandonato Dio e la propria fede senza sapere nemmeno ne il come ne il perché.... ma il Signore non ci abbandonerà. Poiché seppur viviamo in un periodo di tenebre, l'alba di una nuova era, l'era del Signore tornerà!

Riccardo Ing


mercoledì 22 gennaio 2014

La rivoluzione asessuata: anche le stragi americane sono affare di gender

di Mattia Ferraresi
17 gennaio 2014 - ore 14:51



New York. La strage americana, si sa, è maschia. Newtown, Aurora, il Virginia Tech, Columbine e tutti gli altri massacri che ciclicamente gettano nello sconforto il paese sono opera di uomini, e la connotazione sessuale dello stragista è una delle poche costanti in una fenomenologia dell’impazzimento armato che comprende infinite sfumature.  C’è la depressione, l’isolamento, il bullismo, ci sono i traumi infantili e il disagio familiare, la vendetta e l’odio, le leggi della strada e il bullismo sui social, ma il fattore che ricorre è la mascolinità dell’aggressore.

La regista-attivista Jennifer Siebel Newsom è certa che non sia affatto un caso, e gli ambienti liberal limitrofi a quelli del parafemminismo da cui Siebel Newsom proviene annuiscono profondamente di fronte alle conclusioni del suo ultimo documentario, “The Mask You Live In”, in cui lega esplicitamente gli episodi di violenza che insanguinano l’America a una cultura maschile fatalmente stimolata da insegnanti e genitori prevaricatori e cultori dell’aggressività, maschilisti travestiti che usando in modo perverso l’arte della maieutica traggono dai ragazzi il peggio del loro patrimonio genetico. Ogni volta che un adulto dice “sii un uomo!” a un ragazzo inconsciamente addestra un potenziale aggressore, forse addirittura uno stragista. “Sei una femminuccia” è la frase che segnala l’irreversibilità del processo di prevaricazione, grilletto mentale che scatena la bestia incontrollata che c’è dentro ogni maschio. Insomma, per la regista essere maschi è una specie di malattia autoimmune, una patologia che va trattata prima che si manifesti nella sua forma acuta, dando origine a sintomi incontrollabili. La soluzione di Siebel Newsom è un inchino all'indifferenza sessuale, grande mito sotteso a ogni invocazione di uguaglianza di genere: femminizzazione. Nel processo educativo occorre scoraggiare i tratti maschili – che portano solo aggressività, istinto, bullismo, dominazione, violenza, comportamenti antisociali – e far emergere la femmina repressa, che albergherebbe pure nel cuore del maschio se non fosse sopraffatta dalla succitata bestia. Il tutto è sostenuto da una fiumana di studi socio-pedagogici presentati da luminari in camice che tendono a dire che qualcosa, nel maschio in tenera età, tende istintivamente ad andare per il verso storto, dunque occorre raddrizzare il prima possibile con il metodo dell’assimilazione del diverso, tendenza androgina. In fondo la mascolinità, dice la regista, è soltanto una maschera. Buttarla, ovvero trovare l’identità sessuale indistinta, è la vera liberazione.

Il  valore del documentario nel descrivere l’evoluzione della questione sessuale in America è pressoché inestimabile. Dalla richiesta di parità di diritti civili e considerazione sociale si è passati all'idea, instillata in decenni di gender studies, del genere come ostacolo in sé, limite per la piena realizzazione o addirittura portatore sano di patologie distruttive. La femminista anomala Christine Hoff Sommers già nel 2000 parlava di una “war against boys”, osservando che i modelli educativi più diffusi tendevano a scoraggiare comportamenti e tratti maschili quanto prima. C’è una differenza di genere da seppellire per compiere la rivoluzione asessuata.

Fonte:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/21512


Commento

Cari amici. Ecco come chi segue il materialismo offre le proprie soluzioni ai problemi in modo sbrigativo secondo i propri interessi a scapito degli altri:
  • C'è il problema del boom demografico nel mondo? Diffondiamo l'omosessualità finanziando la lobby LGBT oppure insegnando nelle scuole elementari le teorie Queer o Gender, così si faranno meno figli!
  • C'è il problema della violenza nel mondo? Diffondiamo l'omosessualità, castriamo mentalmente la maggior parte degli uomini (se non anche un po' fisicamente), rendiamoli più effeminati così saranno più docili e magari più obbedienti! (Come se le persone che scelgono altri orientamenti sessuali non fossero violenti).
  • Abbiamo più necessità di mano d'opera a basso costo? Creiamo il femminismo per avere con le donne più mano d'opera così potremo pagare tutti meno e dare meno diritti o magari puntiamo sull'immigrazione per sostituire il popolo con un altro popolo senza diritti.

  • C'è differenza tra uomo e donna!!! Leviamole! Creiamo un unico sesso (Prima ideologia dell'ala più radicale della seconda ondata del femminismo, la cui esponente fu Valerie Solanas, donna che tentò di uccidere Andy Warhol)  
Ma quale problema c'è per queste persone materialiste che seguono soltanto la logica del Mondo? Nessuno,ovviamente! Per loro non esiste altro che questa vita. 
Ma anche per alcuni (e sono tanti) che sono credenti: si va contro la legge e l'ordine stabiliti da Dio? Ma sì! Sono solo delle convenzioni sostituibili.

E' ancor più grave, cari amici, il fatto che chi decide tutte queste cose, sa benissimo di far sbagliare le persone facendo passare ciò che è bene per male e ciò che è male per bene,...... o peggio ancora di impedire ogni diritto di replica con leggi liberticide..... Ecco la grande incoerenza di materialisti e liberali:
  


Questa non è pace! Questo è egoismo e malvagità di pochi mascherata da pace. Purtroppo troppi agiscono in buona fede non vedendo il male che si cela e mi duole vedere i cristiani lavorare per i progetti dei malvagi.


E se qualcuno non crede a ciò che dico, almeno leggete le parole che nostro Signore ci ha lasciato:

Io vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il MONDO!" Giovanni 21,14

Non volete ascoltare me? Ascoltate almeno lui!


Riccardo Ing.

giovedì 16 gennaio 2014

Finkielkraut: "Progressisti io vi accuso, così l'Occidente ha perduto se stesso"

Parla l'intellettuale 'neocon' in vetta alla classifica in Francia accusato di essere 'la bella copia' del Front National

di ANAIS GINORI
20 dicembre 2013


PARIGI - Defilato per qualche anno dall'agone intellettuale parigino, il ritorno editoriale di
Alain Finkielkraut è stato fragoroso. L'identité malheureuse, cupa riflessione sull'identità francese minacciata, e dunque infelice, è in testa alle classiche da settimane. Il filosofo prosegue la sua critica antimoderna, contro il relativismo culturale, denunciando i continui attacchi alla laicità, la crisi dell'integrazione degli stranieri, proprio lui che è figlio di ebrei polacchi naturalizzati dopo la guerra. Un pamphlet che intercetta l'air du temps e che, secondo alcuni commentatori, mette in bella copia le pericolose idee del Front National. "Èinvece la sinistra che, vigliaccamente, ha abbandonato la difesa di alcuni suoi principi repubblicani" risponde Finkielkraut, circondato da pile di libri nella casa di rue Vavin.

Definito da Le Point come uno degli ideologi del nuovo movimento "neocon" francese, galassia di intellettuali reazionari sempre più agguerriti da quando la sinistra è al governo, il filosofo firma uno dei suoi libri più personali, nel quale racconta anche la gioventù da gauchiste del Sessantotto, oggi amaramente pentito.

Si riconosce nella definizione di nuovo intellettuale reazionario?
"Il cosidetto progressismo, inteso come supremazia del politico sulla realtà, ha fallito. Avrebbe dovuto essere sepolto tra le rovine del Muro di Berlino. Oggi, in verità, lagauche non crede al progresso ma all'eterno ritorno, paventando un balzo all'indietro fino agli anni Trenta, preludio di un altro fascismo. Come se il presente non potesse essere nuovo, solo una copia del passato. Rifiuto queste analogie storiche. Penso, invece, che attraversiamo un'epoca inedita che getta nel panico alcuni intellettuali, incapaci di riflettere sull'ignoto".

Lei sembra un inguaribile nostalgico. Già nel 1987, in La sconfitta del pensiero, criticava la "barbarie del mondo moderno". L'Identité malheureuse è il seguito ideale?
"Nel suo rapporto alla Storia, l'uomo oggi si sente depotenziato. Il cambiamento non è più quel che facciamo, ma quel che ci succede. Come scrisse François Furet nelPassato di un'illusione, "l'idea di un'altra società è diventata quasi impossibile da pensare". I governi, la politica, non determinano più un progetto, lo accompagnano semplicemente. Ci ritroviamo a dibattere su alcuni argomenti, come l'immigrazione, a cose ormai fatte. E così ci sentiamo "condannati a vivere nel mondo nel quale viviamo" per riprendere ancora una citazione di Furet".

Cosa rende, secondo lei, così infelice la Francia?
"Il nostro modello di integrazione non funziona più. In alcuni quartieri o città, le leggi francesi non vengono rispettate. C'è un disagio sempre più profondo rispetto a rivendicazioni religiose e culturali che vogliono scardinare le fondamenta della nostra République. I professori che lavorano in alcuni licei di banlieue denunciano l'aumento dell'antisemitismo, del sessismo, della francofobia. Ormai l'insulto "sporco francese" è sempre più diffuso. La Francia si è costruita sul modello dell'assimilazione, un sistema di accoglienza alla pari: l'immigrato rinunciava a qualcosa ma in cambio aveva moltissimo".

Teme che avanzi il modello multiculturale?
"Da figlio di immigrati, mi sento in debito verso la Francia. A scuola nessuno mi chiedeva da dove venivo, in quale religione credevo. Oggi invece ogni immigrato è catalogato per paese, cultura, religione. Bisogna rispettare ogni differenza.
Viene proposta una società inclusiva, in cui ognuno arriva con il suo bagaglio e rimane così com'è. Dietro a questa apparente generosità, c'è in un impoverimento dell'ospitalità francese e un abbaglio: la società inclusiva non risolverà la crisi della convivenza.
Le culture non si mettono accanto come negli scaffali del supermercato, dove il sushi sta bene vicino alla paella. Gli stili di vita possono confliggere".

Lei però attacca una cultura e religione in particolare?
"Non sto facendo alcuna discriminazione, fotografo solo la realtà. Il rischio oggi è minimizzare, chiudere gli occhi. È vero che durante le altre ondate di immigrazione in Francia abbiamo conosciuto tensioni, anche gravi, ma la République non era mai stata contestata nei suoi principi fondamentali.
Nessuno sta insultando l'Islam. Dobbiamo dire che esistono regole di convivenza che non possono essere messe in discussione. Quando si fa una legge per vietare il velo nelle scuole, non si escludono le ragazze: si esclude semplicemente il velo".

In L'Ebreo Immaginario aveva già fatto una riflessione sull'identità della diaspora. C'è un legame?
"In quanto ebreo, sono consapevole che, in passato, il concetto di identità è servito per discriminazioni e massacri. Ho criticato Nicolas Sarkozy quando ha lanciato il suo controverso dibattito sull'identità nazionale. Poi però ho trovato incomprensibile l'indignazione di alcuni intellettuali che esageravano nell'altro senso. Non è perché comunichiamo con tutti, nel cosiddetto villaggio globale, che sono scomparse le frontiere. Siamo esseri incarnati, viviamo in un luogo fisico, che determina le nostre emozioni, Se l'Italia dichiara il lutto nazionale per le vittime dell'alluvione in Sardegna significa che c'è un sentire comune, che in questo caso non coinvolge i francesi. La nazione è lo spazio in cui ciò che arriva all'altro succede anche a me. Il relativismo culturale è la base del nichilismo: perdiamo il senso del tragico".

Quando si è sentito per la prima volta francese? 
"A poco a poco, per shock successivi. Da giovane il mio impegno politico era apolide. Sono stato gauchiste, come tutti quelli della mia generazione, contro il "Sistema", la "Dominazione", come scriveva Pierre Bourdieu. Poi ho incominciato a leggere le testimonianze dei dissidenti comunisti e mi sono resoconto dell'importanza della democrazia. Sono diventato un antitotalitarista. 
Solo alla fine degli anni Ottanta, quando sono incominciate le prime querelle sul velo islamico nelle scuole, mi sono sentito difensore della République.

Fino ad allora non mi ero mai interrogato sull'interpretazione francese della democrazia, molto diversa da quella di americani, britannici e forse anche dagli italiani. Sulla laicità, ad esempio, siamo un esempio quasi unico al mondo: le leggi che abbiamo fatto qui in Francia sono considerate liberticide in altre democrazie. Insomma, sono diventato francese invecchiando, sentendo in pericolo tutto ciò che questo paese ha dato a me e alla mia famiglia".

Fonte http://www.repubblica.it/cultura/

Commento: Chi può fare qualcosa se non Finkielkraut?

Non idea di come voi possiate considerare in poche parole il ragionamento molto schietto e realista di Finkielkraut, ma nel mio caso io lo considero un vero e proprio "mea culpa".
Alain Finkielkraut, non è nuovo a questo genere di accuse verso molti intellettuali progressisti che hanno la sua stessa estrazione sociale/culturale.
Filosofo, giornalista e opinionista francese di origine ebraiche, figlio di un superstite di Auschwitz, ex socialista gauchista dopo che ha abbandonato il precedente credo politico avvicinandosi al pensiero conservatore e alla destra intellettuale ha come responsabili del totale disastro contemporaneo dell'occidente quelli che erano i suoi "compagni" di pensiero ossia ebrei progressisti marxisti francofortisti, gente come lui insomma, e chi meglio di uno che ha fatto parte di quella elìte culturale può meglio conoscere quel mondo e le relative motivazioni/obbiettivi? Risposta: nessuno!
Sì, cari amici, perché ritengo che molti di noi e specialmente chi ha idee diametralmente opposte alle mie non abbia ancora capito "cosa è questa società progressista multiculturale" e guardi ad essa come ad un regno delle fiabe in cui tutti si tengono per mano in "un girotondo in prati fioriti", non vedendo, non capendo o, peggio ancora, non volendo ne capire ne vedere le aberrazioni e i razzismi scientifici che essa contiene.

Fa notizia in questi giorni il caso di censura in francia (nonostante l'iniziale situazione di imbarazzo e di indecisione dei radical-progressisti a causa delle etnia e idee politiche di sinistra) del comico da poco entrato in politica Dieudonné M'bala M'bala (con il suo partito antisionista NON schierato a fianco del Front National di Marine Le Pen) e dei suoi spettacoli di satira nei confronti anche ebrei usando stereotipi a tratti grotteschi e grossolani. Ebbene, nonostante la costituzione francese garantisca a tutti il diritto di satira anche pesante contro tutti, il presidente Francois Hollande e i suoi collaboratori hanno dato dimostrazione di servilismo verso il pensiero sionista...... non c'era da stupirsi considerate le affiliazioni alla massoneria del Grande Oriente di Francia.

Contro tutti tranne contro di loro, come a dire: "tutti sono uguali ma ci sono alcuni PIU' uguali di altri" tanto per citare non a caso G. Orwell.

Se neanche a un francese di sinistra figlio di immigrati africani viene garantito il diritto di denuncia verso le distorsioni di questo pensiero egemone, chi altri può? Forse solo persone come Finkielkraut?
Se queste sono le condizioni non c'è che da sperare e pregare per gente come lui. Lo dico a garanzia, non solo nostra ma anche di tutti quegli ebrei che vorrebbero vivere normalmente le proprie vite, che non tramano o complottano alle spalle della società, che non inventano filosofie, costruzioni politiche-sociali-economiche per dominare.

Lo dico soprattutto per loro, perché è in questi anni che molte persone stanno lentamente aprendo gli occhi di fronte a questa crisi mondiale e su chi ha causato tutto questo, non da pochi anni, ma da decenni e quando queste persone si infurieranno per tutte le menzogne che hanno ricevuto, la loro rabbia diverrà inarrestabile e il rischio peggiore è che diventi rabbia cieca che investa anche gli innocenti.

Riccardo Ing.



venerdì 3 gennaio 2014

Cosa sarà del futuro prossimo.


Buongiorno e buon anno a tutti voi cari amici.
Perdonate le mie parole in apparenza tristi ma non riesco a tener nascosto ciò che provo da qualche anno a questa parte ma chi mi conosce questo lo sa bene: "Io dico la verità a prescindere dal fatto che possa piacere o no".
Un altro anno cupo è finito e di questo anno cosa ci resta?
Verso i cattolici l'odio del mondo si è intensificato ulteriormente, ogni giorno molte persone più o meno consapevolmente preferiscono ascoltare la sinagoga del Maligno piuttosto che la Chiesa Cattolica, che seppur quest'ultima abbia dei difetti, come ha detto il Santo Padre, resta sempre nostra madre e maestra.
Si è giunti al punto che le celebrazioni delle messe di Natale sono state interrotte da FEMEN piuttosto che da gruppi pro-aborto:

Spagna:

Germania 

Se Papa Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II° disse: "il fumo di Satana è entrato nel Tempio Santo", qui ormai il Maligno ci sta entrando con zoccoli, corna e ali. Ma la cosa più grave è che tutti restano passivi di fronte a ciò sia per paura sia per questa mentalità diffusa del: lasciamoli fare poiché è libertà di espressione anche quella. Quasi fosse una giusta punizione che i cattolici devono subire per aver avuto per secoli l'egemonia di pensiero sul mondo e che sia giusto adesso che vengano messi in quella riserva chiamata: "Sacrosanto privato".
Ma scopo della Chiesa non è solo quello di medicare i propri feriti nel corpo e nella mente, ma di difenderli dai malvagi e dalle false e sbagliate idee.
Che razza di carità è quella di occuparsi dei bisognosi ma al tempo stesso di lasciarli in balia dei malvagi?!
Perché dobbiamo essere ridotti alla passività di fronte al male?!
Questa non è la dottrina sociale della Chiesa, questo è becero pietismo cattocomunista.

Temo che questo "sbandamento" durerà ancora poiché purtroppo alcuni all'interno della stessa Chiesa, magari in buona fede nel cercare di recuperare un certo appeal sui laici continueranno a negoziare su ciò che non è negoziabile.
Quanto durerà ancora questo tempo buoi? Non ho una risposta. Forse anni, probabilmente uno o due lustri.
Ma questa notte non sarà eterna cari amici. Dopo questo periodo di tenebre tornerà la luce di nostro Signore. Restiamo vigili e preghiamo perché i giorni del travaglio siano brevi.

Riccardo Ing.