In quel tempo. I farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo il Signore Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: <<Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non ha soggezione id alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, dì a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?>>. Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: <<Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tribuno>>. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: <<Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?>>. Gli risposero: <<Di Cesare>>. Allora disse loro: <<Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio>>. A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.
Commento come laico
Cari amici. E' sicuramente uno degli aforismi più famosi "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio", enunciato di nostro Signore che è diventato uno dei capi saldi del pensiero Giudaico-Cristiano da due millenni sino ad oggi e che oltretutto è divenuto il primo postulato della laicità a prescindere dalla propria confessione religioso, ateismo incluso.
Nel Vangelo nostro Signore non nega quello che è l'organizzazione sociale e il funzionamento dello stato (l'Impero Romano) al quel tempo, pone però l'accento sul non usare la religione come pretesto e/o strumento di affaristica: sappiamo bene che in quei tempi i farisei la massima autorità politica e religiosa del popolo ebraico, non riconoscendo la sconfitta propria militare ne la vittoria dei romani e i conseguenti tributi da versare utilizzavano spesso la religione sia per giustificare il non dovuto riconoscimento della sconfitta in quanto popolo eletto da Dio sia per garantire l'egemonia di pensiero spesso distorcendo e modificando la tradizione mosaica in loro favore tramite lo sviluppo del Talmud Babilonese che più volte Gesù denunciò come falsa tradizione.
Oggi giorno però è innegabile un eccesso in senso opposto. Sentiamo spesso ripetere da parte di laicisti (che non significa laici), "date Cesare quello che è di Cesare" quasi a voler rinfacciare ai credenti l'obbligo di cedere il passo di fronte al progresso e a voler rendere questo presunto progresso immune da ogni critica o giudizio.
Oltre tutto vien da sorridere quando i laicisti in questione sono anche esponenti di ateismo che, pur strombazzando tanto sia la non autenticità della Bibbia sia l'assenza di ogni elemento divino nelle scritture, utilizzino questa frase per giustificare certe istanze.
Istanze che oramai sono diventate vere e proprie invasioni di campo senza mai ammettere la volontà di porre il primato ad una certa politica che DE FACTO diviene religione civile.
Eccone un esempio recente:
http://www.secoloditalia.it/2013/07/gay-pride-senza-vergogna-scene-hard-proiettate-sulla-cattedrale-di-palermo-la-curia-attacca-il-comune/
Eccone un esempio recente:
http://www.secoloditalia.it/2013/07/gay-pride-senza-vergogna-scene-hard-proiettate-sulla-cattedrale-di-palermo-la-curia-attacca-il-comune/
Lo possiamo vedere con i nostri occhi in Italia ma soprattutto all'estero con questa "persecuzione bianca" nei confronti dei cristiani di varie confessioni:
- Persecuzione perché lo è nella pratica
- Bianca perché non è volutamente dichiarata dai persecutori
I temi della persecuzione spaziano a tutto campo in quelli dei cosiddetti diritti civili, alla possibilità di critica e opinione e in una certa misura anche in campo economico.
Cosa fare?
E' giusto reagire secondo ciò che la convivenza civile consente per riportare equilibrio e armonia nella società tenendo presente il primato che la legge divina ha in ognuno di noi poiché, come ha ribadito il Santo Padre, non possiamo essere cristiani ed avere una morale cristiana solamente nei luoghi di culto ma in ogni momento della nostra vita.
Non si può accettare compromessi con il male e l'essere cristiano significa:
- Tolleranza per chi sbaglia
- Ma intolleranza per il peccato, l'errore e il male
Riccardo Ing.
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