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giovedì 13 marzo 2014

Cosa dice la Chiesa sui partiti socialisti, anche europei (promemoria per i cattolici del PD)

Marzo 6, 2014 Piero Gheddo

Mentre nel Partito democratico si riapre la questione dell’ingresso nel Pse, è interessante rileggere quel che diceva Paolo VI sull'adesione dei cristiani a movimenti e partiti socialisti.

Ho dovuto recentemente parlare del “Sessantotto”, un tempo di ubriacatura ideologica nefasta per la fede, quando molti pensavano che l’ideologia marxista, la “rivoluzione comunista” e le varie correnti del socialismo fossero “l’unica speranza per i poveri”; quando non pochi “intellettuali” e anche teologi cattolici scrivevano che è sbagliato parlare di “Dottrina sociale della Chiesa”, perché l’unica autentica e scientifica “analisi della società” era quella del marxismo. Nei suoi ultimi anni di pontificato (1963-1977), Paolo VI, spesso contestato e deriso, non osava più parlare di “Dottrina sociale della Chiesa”. Il termine è stato ripreso con forza da Giovanni Paolo II nel suo primo grande viaggio internazionale a Puebla in Messico (gennaio 1979), per la terza Assemblea dei vescovi latino-americani (Celam), e oggi è usato da tutti.

Avendo visto come sono finiti i circa trenta paesi governati dal comunismo o “socialismo reale”, oggi è difficile capire perché a quel tempo nasceva addirittura l’associazione “Cristiani per il socialismo”!

Oggi, nel modo globalizzato, quasi tutti i popoli adottano il libero mercato, il capitalismo che, si dice, i popoli democratici possono cambiare per una maggior “giustizia sociale”. Ma, in pratica, pare inevitabile che ovunque “i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri”, persino in paesi come Vietnam e Cina, dove governa il Partito comunista ma, per arricchire, si pratica un “capitalismo selvaggio” di cui in Occidente abbiamo quasi perso il ricordo. Lo stesso avviene in India, dove governa un “socialismo democratico”.

Nella Evangelii Gaudium (Eg), Papa Francesco tratta il tema in modo pragmatico com'è nel suo stile. Nel capitolo II (Alcune sfide del mondo attuale) conferma la condanna della Chiesa agli aspetti fondativi dell’economia nel mondo attuale:
- No ad un’economia dell’esclusione (nn. 53-54);
- No alla nuova idolatria del denaro (55-56);
- No ad un denaro che governa invece di servire (57-58);
- No all'iniquità che genera violenza (59-60).

Papa Francesco rivendica per i cristiani e la Chiesa il diritto di dire il loro parere sui problemi della società, contro la “cultura della secolarizzazione” che marginalizza la religione dalla società. Scrive (n. 183): «Nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale nazionale, senza preoccuparsi per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini. Una fede autentica, che non è mai comoda e individualista implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra».

Quindi Francesco afferma (n.186): «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri», collaborando (n. 188) «per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri… e per creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all'appropriazione dei beni da parte di alcuni». E cita Paolo VI (Octogesima adveniens, 189): «I più favoriti devono rinunziare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni a servizio degli altri».

L’azione del cristiano in favore dei poveri deve sempre ispirarsi al Vangelo e Papa Francesco rilegge i passi del Nuovo Testamento che riguardano il grido dei poveri, la predilezione di Dio per i poveri, il dovere del seguace di Cristo di aiutare i poveri e la misericordia di Dio per chi non è avaro di quello che ha e ne fa parte a chi ha meno di lui. Parla spesso dei poveri, degli ultimi, dei marginali, di andare alle periferie dell’umanità, dell’opzione preferenziale per i poveri, ma da non intendere in senso politico-partitico, perché sarebbe travisare quel che dice e fa Papa Francesco.

Per lui i poveri sono gli ultimi, i marginali della società, ma anche gli ammalati, le persone isolate, i carcerati; e i lontani da Cristo e dalla Chiesa. Nella Eg, condannata «la nuova idolatria del denaro», scrive: (n. 58): «Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi debbono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’uomo».

A quarant'anni di distanza, è interessante rileggere quel che diceva Paolo VI del socialismo e dell’adesione dei cristiani a movimenti e partiti socialisti. Nella Lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971), contestata perché “poco coraggiosa” e poco “profetica”, Paolo VI scriveva:

«N. 26 – Il cristiano che vuol vivere la sua fede in un’azione politica intesa come servizio, non può, senza contraddirsi, dare la propria adesione a sistemi ideologici che si oppongono radicalmente o su punti sostanziali alla sua fede… all'ideologia marxista, al suo materialismo ateo, alla sua dialettica di violenza, al modo con cui essa riassorbe la libertà individuale nella collettività, nega ogni trascendenza all'uomo e alla sua storia personale e collettiva».

«N. 28 – Il pericolo sarebbe di aderire formalmente ad una ideologia che non ha alla base una dottrina vera e organica, di rifugiarvisi come in una spiegazione ultima e sufficiente, costruendosi così un nuovo idolo, di cui si accetta, talora senza prenderne coscienza, il carattere totalitario e coercitivo. Si pensa di trovare così una giustificazione alla propria azione anche violenta, un adeguamento ad un desiderio anche generoso di servizio. Questo desiderio resta, ma si lascia assorbire da un’ideologia la quale, anche se propone certe vie di liberazione per l’uomo, finisce in ultima analisi per asservirlo».

«N. 31 – Ci sono dei cristiani che si lasciano attirare dalle correnti socialiste nelle loro diverse evoluzioni. Essi cercano di riconoscervi talune delle aspirazioni che portano in se stessi in nome della loro fede, si sentono inseriti in questo flusso storico e vogliono svolgervi un’azione. Ora, secondo i continenti e le culture, questa corrente storica assume forme diverse sotto uno stesso vocabolo, anche se esso è stato e resta, in molti casi, ispirato da ideologie incompatibili con la fede. Un attento discernimento si impone. Troppo spesso i cristiani, attratti dal socialismo, tendono ad idealizzarne in termini assai generici: volontà di giustizia, di solidarietà e di uguaglianza. Essi rifiutano di riconoscere le costrizioni dei movimenti storici socialisti, che rimangono condizionati dalle loro ideologie di origine».

Fonte:
http://www.tempi.it/cosa-dice-la-chiesa-sui-partiti-socialisti-anche-europei-promemoria-per-i-cattolici-del-pd#.UxhPW_l5Oht

Commento 

Vedere e udire l'impegno del nostro Santo Padre contro gli squilibri e il disordine imperante nel mondo riempie i nostri cuori di gioia. Eppure molti di noi restano sordi a questo richiamo, pensando che l'unico sistema possibile sia quel sistema sincretico di pseudocristianesimo e comunismo,  continuando stupidamente e ingenuamente a credere che Marx sia la continuazione di Cristo.

Mi rivolgo a questi ultimi: Quanto volte dovrà esservi ripetuto che non è così? Perché non volete capire?
Badate bene: io non ignoro certamente il contesto in cui siamo stati cresciuti e nella mia esperienza molte persone, che si definivano cattoliche, hanno cercato di trasmettermi certi valori cristiani nell'apparenza, marxisti nella sostanza; so bene che è difficile dopo anni, in cui si è stati educati soltanto in quel modo capire l'errore. Nessuno e nemmeno io afferma che è facile.

Non si può fare i cattolici soltanto quando si è nei luoghi di culto. La benevolenza di concedere cose contrarie alla propria fede è sbagliato ed è peccato, poiché si mette l'altro nella condizione di essere nel peccato.

Non possiamo seguire gli insegnamenti di chi vuole distruggere la cristianità, soltanto perché ci sembrano cose belle, oppure perché si spera vanamente che nel compiacere certe persone, esse possano redimersi, perché non lo faranno.

Ora un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: “Vedete di guardarvi dal lievito dei Farisei e dei Sadducei. Ed essi ragionavano fra loro e dicevano: Egli è perché non abbiamo preso dei pani. Ma Gesù accortesene disse: O gente di poca fede, perché ragionate fra voi del non avere dei pani? ... Come mai non capite che non è di pani ch'io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei Farisei e dei Sadducei. Allora intesero che non aveva loro detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dalla dottrina dei Farisei e dei Saddu­cei” (Matteo 16:6-8, 11-12).

Chi ha orecchie per intendere intenda!

Riccardo ing.








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